- Ho mosso i primi
passi nell'informatica da neolaureato in Ingegneria Elettronica, presso
il Dipartimento di Informatica e Sistemistica dell'Università di
Roma La Sapienza, proprio nei due anni finali del Progetto Finalizzato
Informatica del CNR diretto da Angelo Raffaele Meo. Egli è quindi
per me una sorta di figura mitica, di quelle che, trovandole da ragazzi
descritte nei libri, vengono con fantasia adolescenziale immaginate un
po' come persone dotate di super-poteri. Tant'è che non riesco a
chiamarlo, come molti fanno, l'"Angelo Raffaele".
- Mitico il Meo
lo è tuttora, quasi un quarto di secolo dopo, perché valoroso
pioniere e costante punto di riferimento per la comunità. Ho accolto
quindi con molto piacere l'invito a commentare liberamente alcune delle
sue affermazioni raccolte nell'intervista a ruota libera su CCTLD.IT ed
ho piacevolmente scoperto che, pur provenendo la mia riflessione da una
o due generazioni successive, è in straordinaria sintonia con le
sue posizioni.
- "Internet
e' stata la piu' importante delle invenzioni del secolo scorso perche'
mai, nella storia dell'umanita', l'uomo ha avuto a disposizione uno strumento
cosi' potente e cosi' efficace per la diffusione delle conoscenze e per
la crescita del sapere."
- Ancora di più:
probabilmente l'impatto effettivo di questa invenzione non si è
ancora completamente dispiegato, dal punto di vista culturale, perché
legato ai cicli delle generazioni umane e non a quelli delle rivoluzioni
tecnologiche.
- Possiamo tentare
di immaginare cosa potrà essere per analogia con l'invenzione della
stampa, che ha trasformato la cultura da bene posseduto da pochi (coloro
che avevano studiato dai maestri ed avevano acquisito il "know-how")
a bene potenzialmente accessibile a tutti (pur al prezzo di comprare libri
o di recarsi in biblioteca a leggere. Questo ha scandito l'inizio dell'Era
Moderna. Ma il pur vastissimo mare di informazioni disponibili in forma
stampata presenta all'essere umano la difficoltà intrinseca dell'essere
il suo accesso e la correlazione tra i suoi elementi limitati a ciò
che una persona può fisicamente realizzare.
- Con Internet
tutte queste barriere saltano e l'accesso e la correlazione diventano altrettanto
semplici che fare una domanda ad un amico o collega. Come questo cambierà
la nostra civiltà è ancora presto per dirlo. Gli uomini del
'500 sarebbero stati enormemente stupefatti già dal solo vedere
come si era trasformato il mondo appena quattro secoli dopo…
- "In
tutte queste applicazioni il fornitore dell'informazione non è più
l'editore ma l'utente, segnando la rivoluzionaria transizione dall'informatica
e dall'informazione libera all'informatica e alla comunicazione cooperativa."
- L'intensità
della rivoluzione di Internet e dell'Informatica fa acquistare a questi
processi una qualità impensabile ed impensata. Non solo la produzione
dell'informazione è diventata libera e aperta, dando all'umanità
la possibilità di sviluppare forme di cooperazione e di interazione
sociale estremamente innovative, ma si è aperta la po possibilità
di avere processi automatici (o "avatar", per usare un termine
più attuale) che percorrano la rete per conto nostro, alla ricerca
- come fedeli e instancabili servitori - delle informazioni a noi necessarie.
- Non più
quindi informazioni che aspettano passivamente di essere ritrovate da noi,
ma processi attivi su Internet che automaticamente negoziano con i processi
nostri rappresentanti cosa scambiarsi.
- "Si
noti che questa diseconomia di scala non si osserva nei processi artigianali
di basso livello, dove, fra l'altro, si possono duplicare le risorse riducendo
i tempi di sviluppo in proporzione, ma è tipica dei processi creativi
di alto livello, dalla pittura all'architettura, dal romanzo al design."
- Qui il Meo infila
il coltello in una delle piaghe più dolenti e più incomprese
dell'informatica. Attività che un tempo venivano svolte dalle persone
perché legate alla manipolazione della "conoscenza" sono
adesso svolte da sistemi informatici: il problema è che tali sistemi
non hanno ancora l'intelligenza e la flessibilità dell'uomo. Quindi,
la conoscenza che in un'impostazione tradizionale del lavoro poteva essere
specificata in modo parziale e incompleto, in un sistema informatico deve
essere esattamente e completamente definita, pena il blocco totale del
sistema stesso.
- L'elemento critico
e troppo spesso sottovalutato è che la conoscenza gestita dagli
esseri umani è conoscenza adattiva e dinamica, quindi in grado di
rispondere a condizioni non previste dalle specifiche iniziali o variate
rispetto ad esse. I sistemi informatici sono invece, allo stato attuale
della tecnologia, largamente pre-determinati e statici e pertanto non in
grado di sostenere altrettanto efficacemente un'organizzazione in un diverso
contesto operativo. Ma nella cultura generale, soprattutto in Italia, c'è
invece l'aspettativa, mutuata probabilmente da secoli di automazione industriale,
che - una volta capito come trasferire ad una macchina la capacità
di svolgere un compito - questa sarà sempre in grado di svolgerlo
senza problemi.
- Questa falsa
aspettativa (la "piaga" cui sopra si accennava) e' alla base
delle periodiche disillusioni della società verso i sistemi informatici.
Ci si aspetta che, una volta definito il sistema informatico che automatizza
una procedura, il problema e' risolto una volta per tutte. Ci si dimentica
però che, quando quella procedura veniva svolta dagli esseri umani,
moltissimi problemi (che nascono sempre dovunque, perché tutto cambia
costantemente) venivano risolti senza alcuna necessità di direttive
esplicite, semplicemente in virtù delle capacità dell'essere
umano.
- Se non si capisce
quindi (anche tra gli "addetti ai lavori"!) che una soluzione
informatica non fornirà mai benefici reali e duraturi se non è
stata pensata fin dal principio in termini di integrazione ed interazione
con le persone che le stanno attorno, questa delusione sarà sempre
incombente, con le conseguenti tentazioni di comprare soluzioni "chiavi
in mano", nella vana speranza di allontanare da sé almeno una
parte dei problemi.
- "Mi
recai dal coordinatore del Forum per la Società dell' Informazione,
promosso da D'Alema allora Presidente del Consiglio, per chiedere a nome
dei colleghi più ricerca e più sviluppo di tecnologie in
quel programma, che sembrava avere come obiettivo centrale soltanto lo
sviluppo di applicativi pur importanti per la diffusione della cultura
informatica nella società.
- La risposta
di quell'economista, che è un caro amico ed è forse il più
bravo degli economisti italiani, fu lapidaria: "il treno delle tecnologie
dell'informazione è irrimediabilmente perduto e non dobbiamo spenderci
nemmeno una lira". Quella risposta riassumeva il parere comune di
tutti gli economisti e di tutti i politici responsabili della politica
economica del Paese, un'opinione che ideologizza la supina accettazione
di quel modello della divisione internazionale del lavoro a cui facevo
riferimento e che ha condotto l'Italia alle soglie del sottosviluppo. In
questo momento storico l'autarchia e' molto meglio dell'accettazione supina
di un modello della divisione internazionale del lavoro che affida ad altri
paesi, tipicamente agli Stati Uniti d'America, il compito di sviluppare
le tecnologie e i prodotti piu' innovativi, lasciando al nostro Paese il
compito di produrre i prodotti e le tecnologie mature."
- Purtroppo nei
quasi 10 anni trascorsi da allora non molto è cambiato in termini
di atteggiamento dei nostri economisti, e quindi dei nostri politici. Nel
frattempo, però, i treni della tecnologia continuano a passare sotto
il nostro naso: è nato Google, sono esplosi i blog, Wikipedia è
diventata in molti casi la prima fonte di riferimento per un qualunque
fatto o nome, YouTube è un fenomeno sulla bocca di tutti, … e via
dicendo. Viene quasi da sospettare che gli Stati Uniti pianifichino scientemente
il mantenimento nelle loro mani delle tecnologie strategiche per la loro
supremazia mondiale.
- A questo proposito
mi viene in mente il parallelo di un mio intervento nel novembre 2005 a
Roma, nel corso dell'incontro di presentazione del fascicolo monografico
di PRISTEM sui 50 anni di Informatica in Italia, a proposito della vicenda
della cessione nel 1965 da parte dell'Olivetti della sua Divisione Elettronica
alla General Electric.
- Dissi che sembrava
un'operazione pilotata da una nazione, allora in piena gara per la conquista
dello spazio, per togliere di mezzo da un paese troppo pericolosamente
vicino ai loro più temibili concorrenti oltre-cortina quella tecnologia
informatica che sarebbe stata strategica per arrivare per primi nel 1969
sulla Luna.
- Se continuiamo
a non voler avere il controllo sull'informatica, poiché la società
del futuro sarà sempre di più una società di servizi
e questi si fanno ormai a costi competitivi solo con l'informatica, l'Italia
lascerà in mani straniere il controllo di sistemi tecnologici ed
infrastrutturali essenziali per il funzionamento della sua economia.
- Con quali conseguenze,
è facile immaginare. Certo, questo è un futuro lontano per
la politica, però non dovrebbe i politici occuparsi anche del bene
comune e del futuro del loro paese (oltre che del risultato delle prossime
elezioni?).
- Invece, negli
ultimi anni, si è agitato anche lo spauracchio dell'"offshoring"
(cioè dello spostamento all'estero dei posti di lavoro) derivante
dalla globalizzazione, per motivare l'inutilità di investire sull'informatica
in Italia.
- Però,
argomenta un editoriale del New York Times del 1 Marzo 2006, dal suggestivo
titolo "Computing Error", nonostante gli Stati Uniti usino l'offshoring
più di ogni altro paese, il numero di posti di lavoro nel settore
informatico nel 2005 è maggiore di quello del 2000, al picco della
bolla speculativa di Internet.
- E allora? Chi
scrive ha organizzato nel gennaio 2006, in clima pre-elettorale, un convegno
presso Biblioteca della Camera dei Deputati (http://www.informatica.uniroma2.it/convegno)
su Informatica, Cultura e Società", con l'obiettivo di stimolare
un minimo di consapevolezza e di attenzione da parte della nostra classe
politica su questi temi.
- Dopo le elezioni,
"business as usual", il solito teatrino italiano di sempre. Per
fortuna che siamo nell'Unione Europea...
- "Uno
dei relatori autorevoli (al primo "Internet Governance Forum"
organizzato dalle Nazioni Unite e tenutosi ad Atene dal 30 ottobre al 2
novembre del 2006) ha sintetizzato la sua opinione, condivisa da molti
altri, nei termini seguenti: "Ora che la Rete sta diventando la principale
infrastruttura mondiale per lo scambio di beni, servizi e informazioni
e che i suoi utilizzi commerciali sovrastano di gran lunga quelli non commerciali,
la sua struttura anarchica non può più essere tollerata".
Non condivido quell'opinione".
- Sono d'accordo
con Meo che quell'espressione non è condivisibile perché
assomiglia troppo ad un richiamo a "non disturbare il manovratore",
assolutamente fuor di luogo per un'infrastruttura così essenziale
e utile per lo sviluppo dell'umanità.
- Ma forse è
impreciso affrontare la questione in termini di lotta tra anarchia e ordine
gerarchicamente pre-ordinato. Nessuna struttura culturalmente ricca è
completamente anarchica, nel senso di non aver alcuna regola di comportamento.
Né si dà il caso di strutture culturalmente interessanti
che siano rigidamente predeterminate.
- La creatività
umana, di cui lo sviluppo di Internet è un caso esemplare, trova
il suo terreno migliore di coltura nell'incerto ed instabile confine tra
ordine e disordine.
- Come presidente
del GRIN, l'associazione italiana che raggruppa i più di 750 professori
e ricercatori universitari di Informatica, ho sottomesso per conto della
nostra associazione un contributo [1] alla costruzione della posizione
italiana al primo "Internet Governance Forum" centrato, per quanto
riguarda la governance mondiale della Rete, su quattro punti: libertà
di espressione, sicurezza, rispetto delle diversità, accesso per
tutti; e focalizzato, per le problematiche più specificatamente
europee, su due suggerimenti:
- Open Content:
(accesso libero e gratuito, nel rispetto della normativa sulla privacy,
a tutte le informazioni non riservate prodotte da amministrazioni pubbliche
o con finanziamenti pubblici),
- Open Search
(sviluppo di strumenti e servizi per facilitare il reperimento e l'analisi
di grandi moli di dati senza forzature o discriminazioni rispetto a lingue
e culture.
- La difficoltà
che ogni società avanzata si trova di fronte in questo decennio
è quella di rispondere alla sfida della competitività che
viene posta dalla globalizzazione dei mercati salvaguardando al tempo stesso
la sostenibilità sociale ed ambientale dello sviluppo economico.
In particolare nei settori della sanità, dell'energia, dell'ambiente,
e dei trasporti la società si aspetta soluzioni efficaci ai complicati
problemi posti dalla necessità di coniugare crescita e protezione
delle fasce più deboli. In tutte queste aree, solo l'utilizzo di
soluzioni informatiche, correttamente sviluppate e gestite, offre la possibilità
di soddisfare tali aspettative a costi accettabili e di perseguire uno
sviluppo sostenibile.
- E' troppo chiedere
al nostro Parlamento un'attenzione non episodica ai temi che innerveranno
in modo fondamentale il nostro futuro?
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