- Prendo spunto
dal dialogo con Angelo Raffale Meo per tornare a riflettere sulla ormai
famigerata convergenza dei media, ho seguito l'argomento per motivi diversi,
che vanno dagli aspetti tecnologici a quelli libertari (è indubbio
che quelli che dieci anni fa erano rischi relativi alla tutela della riservatezza
delle informazioni personali siano ormai certezze consolidate), ma le riflessioni
di Meo le ho lette prendendo come concetto centrale quello dell'agnosticismo
protocollare rispetto al segnale e da qui sono partito imboccando (siamo
su Internet beninteso) la citazione del saggio sull'opera d'arte nell'epoca
della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin, per arrivare
ad un altro testo che lo stesso Benjamin cita in aperturta del suo saggio,
ossia uno scritto di Paul Valéry intitolato "La conquete de
l'ubiquité" , ve ne consiglio la lettura integrale perché
mi è parso un testo ispirato e profetico, coincidenza: il testo
di Valéry è del 1928 e nello stesso anno nasceva Andy Warhol
che avrebbe poi, a sua volta, profetizzato quindici minuti di notorietà
per noi tutti. Questo il reticolo concettuale di riferimento ed ora il
mio percorso - assolutamente personale - di lettura.
- Nel 1995 con
un gruppo di altri amici organizzammo in quel di Fumone, comune del Lazio
famoso per il castello dove fu rinchiuso Celestino V e coerente col tema
in quanto era un centro strategico per inviare segnali, di fumo - appunto
- da cui il nome, una tavola rotonda sul tema, tralascio i dettagli e anche
i nomi illustri che parteciparono, la conclusione di quella riflessione
- ampiamente condivisa - fu che la tecnologia era largamente disponibile,
a mancare era la grammatica per un nuovo linguaggio di cui si imponeva
la definizione.
- Sono passati
anni (12) ma ritengo che la situazione sia la stessa e il testo di Valéry
mi ha spostato ulteriormente indietro il limite temporale di riferimento
da cui iniziare a contare gli anni in cui - rispetto a questa nuova grammatica
- non è cambiato nulla (siamo a 79). Nel periodo di osservazione
qualcosa sicuramente è cambiato: l'interesse dei grandi capitali.
Sempre nel 1928 la SIP (allora Società Idroelettrica Piemontese,
oggi Telecomitalia), con l'acquisizione delle società TIMO e TELVE
diventa - in Italia - il più grande operatore telefonico nazionale
ed una delle più grandi realtà industriali del nostro paese.
- Nello stesso
anno Valéry s'interrogava se qualcuno stesse pensando (sognando)
una société pour la distribution de Réalité
Sensible à domicile, la risposta - col senno di poi - è forse
sì. Poi la guerra, le bombe, anche qui due scuole di pensiero: le
bombe atomiche e le bombe calcolatrici.
- Le prime - che
avremmo potuto anche evitarci - partivano dal basso della pila OSI e diedero
impulso a quella che McLuhan definì in seguito era elettrica, le
altre (dalla bomba kryptologiczna di Marian Rejewski perfezionata poi a
Bletchley Park dai matematici inglesi che svilupparono ULTRA) che diedero
impulso a quella che oggi chiamiamo era dell'informazione, partivano dall'alto
della pila OSI. La convergenza dei media è anche l'effetto del ricongiungimento
di questi due approcci.
- Dopo la guerra
si riprese il discorso di Valéry (peccato lui non c'era più),
la sua Società per la distribuzione della Realtà Sensibile
iniziò davvero a prender forma, l'obiettivo era rendere disponibile
a ciascuno di noi un tramonto sull'Oceano Pacifico, sfiorando il bordo
della nostra finestra. Questa nuova public utility non ha steso gasdotti
o cavi ma reti di diritti d'autore, di marchi e brevetti perché
le idee sono indipendenti dal trasporto ma possono essere controllate dal
diritto di sfruttamento, detto anche - e non a caso - privativa.
- Sì perché
all'agnosticismo di media e protocolli possiamo affidarci solo se rimaniamo
nell'ambito del pensiero libero, e intendo per libero proprio quello non
gravato da restrizioni o privative. Con la tecnologia la trasmissione del
pensiero è affrancata dalla materia, esiste certo l'origine la sorgente,
ma ognuno può averne una copia e fruirne.
- E non siamo
limitati al testo ma possiamo trasmettere - e seguo sempre Valéry
- un sistema di stimoli in grado di far rivivere a ciascuno di noi una
specifica emozione.
- Colpisce la
parte finale del testo - comparso è vero in una pubblicazione dal
titolo De la musique avant toute chose - la musica è l'arte
che veicola meglio di qualsiasi altra forma d'espressione gli stimoli necessari
a riprodurre una specifica emozione, per questo Valery nel 1928 considerava
la musica come la forma d'arte più idonea ad essere trasportata
in questa modernità e considerava già risolti i problemi
tecnici necessari a far ascoltare la musica in qualsiasi punto del globo,
nello stesso istante, un'opera musicale eseguita non importa dove o riprodurre
in qualsiasi punto del globo, in qualsiasi momento e a volontà un'opera
musicale.
- I problemi sono
risolti, le soluzioni si fanno ogni giorno più perfette. All'MP3
mancava ancora molto ma Valéry considerava questa un'opportunità
che - lungi dall'essere un rischio - offriva ai compositori la grande possibilità
di far fruire al loro pubblico le loro opere in una maniera molto più
diretta e dunque molto più vicina al momento dell'atto creativo,
senza vincoli di spazio e di tempo.
- Il lavoro del
musicista trova nella musica registrata una condizione essenziale per la
più alta resa estetica
- Elle nous tisse
un temps de fausse vie en effleurant les touches de la vraie,
- la musica ci
tesse il tempo di una falsa vita, sfiorando i tasti di quella vera.
- È tempo
forse di riprendere queste riflessioni per far sì che la libertà
di pensiero possa avvalersi al meglio, e non subire, l'inevitabile agnosticismo
sulla tecnica. L'ubiquità di Valery non è tanto frutto della
nostra capacità di essere fisicamente presenti in più punti
distinti, quanto della capacità della tecnica di riprodurre dove
noi siamo quanto accade in ogni parte del mondo, il che però può
indurci - come da manuale - in contraddizione in quanto dove siamo lo desumiamo
dalle informazioni che percepiamo.
- Il rischio è
evidente: è la tecnologia a dirci dove siamo e - se non la conosciamo
- può anche imporci una collocazione, non solo spazio-temporale
ma - con la convergenza dei media - anche cognitiva.
- Le periferiche
che ci avvolgono di informazioni aumentano di giorno in giorno.
- La convergenza
è qui e ora, l'opera d'arte si è liberata dall' hic et nunc
ma noi esseri umani rischiamo di perderlo, i media ce ne propongono sempre
uno preconfezionato, a noi coltivare la nostra capacità di identificare
i nostri riferimenti per misurare la distanza fra la nostra posizione e
quella che ci viene suggerita.
- La speranza
è quella di definire una grammatica - naturalmente condivisa e se
vogliamo anche agnostica - che non sia una semplice trasposizione sensoriale
della realtà ma che possa aiutarci a elaborare pensieri e condividere
idee. Insomma è vero che i telefonini stanno facendo regredire le
competenze relative alla scrittura (e non chiamatemi linguaggio quegli
obbrobri di abbreviazioni come cmq cq ccp) ma è altrettanto vero
che senza la scrittura non avremmo mai potuto progettare e produrre telefoni.
|