- La prima volta
che ho incrociato il professor Meo è stato per e-mail, una decina
abbondante di anni fa; io ero studente al Politecnico di Torino, alle prese
con la scelta del piano di studi, e gli scrissi per avere informazioni
sul suo corso. Alla fine decisi di specializzarmi in un altro ambito, ma
rimasi colpito dalla gentilezza e dall'esaustività con cui mi era
stato risposto.
- La seconda volta
che ho incrociato il professor Meo fu nel giugno 2003: nell'aula 4 del
Politecnico, Richard Stallman doveva tenere una conferenza, e per presentarlo
fu connesso un portatile al proiettore. All'accensione, il portatile rivelò
di essere stato installato con il doppio sistema operativo, Windows e Linux;
Stallman, indignato, se ne lamentò subito. La responsabilità
del portatile, stando ai ragazzi dell'organizzazione, fu prontamente scaricata
sulle larghe spalle del professor Meo.
- La terza volta
che ho incrociato il professor Meo fu nel novembre 2004: nell'Aula Magna
del Politecnico si teneva il Linux Day, e lui ed io eravamo i due invitati
a tenere le presentazioni iniziali. La mia presentazione, che verteva su
argomenti piuttosto specialistici come ICANN e la governance della rete,
fu apprezzata, ma quella di Meo riscosse una vera ovazione. Io apprezzai
il modo preciso, conciso ed illustrato con cui i concetti erano stati presentati,
e presi nota.
- La quarta volta
che ho incrociato il professor Meo fu nel dicembre 2004, allo IULM, in
uno dei convegni di Fiorello Cortiana. Lui si fece avanti molto amichevolmente,
mi salutò, e disse che aveva sentito parlare molto bene di me da
un comune amico. Io diventai verde, balbettai qualcosa, e cercai di vaporizzarmi
per l'imbarazzo. Forse dipendeva dal comune amico.
- La quinta volta
che ho incrociato il professor Meo fu nel suo ufficio, qualche tempo dopo.
Io andai là per proporgli un possibile progetto di ricerca applicata;
solo che era un progetto pensato alla moda della new economy, con un venture
capital (peraltro pubblico e partecipato dal Politecnico) che avrebbe forse
stanziato del denaro per pagare i suoi ricercatori, in cambio della proprietà
intellettuale almeno parziale sui risultati. Lui mi rispose che vedeva
le mie basi ideologiche vacillare. Non se ne fece nulla; in questo momento,
un paio di anni dopo, una tecnologia simile è alla base di una azienda
americana che vale alcuni miliardi di dollari.
- Dopodiché,
io e il professor Meo ci siamo incontrati varie volte. Io gli invidio molto
le sue certezze, e le sue categorie interpretative della realtà,
tutte nere o tutte bianche (anzi: tutte nere o tutte rosse). A dire il
vero, gli invidio molto anche la collezione di clip art, e credo che uno
dei maggiori contributi scientifici che i meologi di tutto il mondo potrebbero
offrire alla collettività sarebbe capire il processo tecnico-artistico
tramite cui vengono pensate e realizzate le figure dei suoi lucidi.
- Invece, il contributo
fondamentale che Meo ha portato alla storia del pensiero italiano in materia
di rapporto tra tecnologia, economia e società è già
acclarato: per questo sono lieto che qualcuno abbia finalmente pensato
di raccogliere questi racconti in un'opera organica. Purché la si
tenga aggiornata, visto che, fortunatamente, il professor Meo non ha alcuna
intenzione di andare in pensione.
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