Commenti a Produrre anime e' ben piu' difficile che produrre corpi

Open Source, su un nuovo paradigma

Angelo Ariosto [27 Giugno 2007]

  • Nel corso di queste conversazioni con A.R.M. Giorgio Giunchi dice "… io sostengo che la generazione dell' arpanet e del tcp-ip sia più 'spregiudicata' della generazione del www" (ribadendo quanto già affermato - sollevando qualche rimostranza - in un dibattito tra i tanti che hanno animato il forum di ISOC), accreditando così una sorta di maggiore vivacità/qualità (intellettuale) a coloro che avevano trent'anni nei mitici '60 rispetto a chi li ha avuti nei più prosaici '90.
  • Si tratta di una affermazione apparentemente gratuita ma la lettura delle biografie e delle testimonianze dei protagonisti e quindi anche di questa di A.R.M. aiuta a comprenderne l'origine.
  • Interrogato su molti (ma non tutti e su questo si tornerà) temi sull'informatica, della e sulla rete laddove fa riferimento a quel periodo (appunto l'epoca del TCP/IP) A.R.M. trasmette bene la tensione che pervadeva lui come gli altri "pionieri" (Gerace, Capriz, Denoth, Lenzini per citarne alcuni) in quegli anni, il senso di scoperta e di avventura, lo "spirito di frontiera" che li animava [1] e del quale l'area "open" è degna erede.
  • In effetti poi questo spirito (salvo appunto che nel segmento "open", allora significativo ma non centrale - non main-stream), s'è notevolmente attenuato e solo ora col Web 2.0 si assiste ad una significativa ripresa: la vecchia talpa non ha mai smesso di scavare.
  • Lo scambio di opinioni (cui è stato imposto l'illuminante titolo "Produrre anime è ben più difficile che produrre corpi") è a tutto campo ed è quindi giocoforza circoscrivere il commento, focalizzarlo. Due punti.

1. Internet e politica

  • A G.G. che sottolinea come "Il problema vero, a partire dalla classica definizione di Brockman secondo cui le rivoluzioni tecnico scientifiche non interpretano il mondo ma creano universi, consiste nei limpidissimi disallineamenti fra l' architettura internet e le regole del gioco dell' universo politico" A.R.M. candidamente risponde "Ti confesso di aver ravvisato spesso disallineamenti ideologici, ossia interpretazioni del fenomeno Internet alla luce di preconcetti ideologici, ma di aver quasi sempre provato un moto di simpatia nei confronti di osservatori politici ingenui in quanto obnubilati dalla passione politica".
  • Più avanti, a G.G. che gli sottolinea le continue tentazioni al "controllo" della rete da parte della politica ed all'utilizzo di strumenti amministrativi, magari sull'onda dell'emotività (ad esempio la lotta contro la pedo-pornografia), A.R.M, meno candidamente, aggiunge "Io temo che quel problema sia utilizzato come pretesto per imporre un controllo politico dei contenuti della Rete, come vogliono i governanti cinesi, o la privatizzazione della Rete, come sognano da sempre i responsabili delle multinazionali americane"
  • Ha quindi ragione da vendere G.G. quando dice "Veniamo al punto, quindi: il mio sospetto è che le più intime contraddizioni dello sviluppo dell'internet affondino radice non nell'impatto limpidamente antagonista con i modelli autoritari, con le dittature - ma nel cuore delle democrazie e delle loro stabili intermediazioni, delegazioni, rappresentanze, concessioni La partita è fra
    • regole del gioco democratiche, e inesorabilmente intermediarie, della convivenza
    • pratiche indiscriminatamente inintermediarie e sincrone di comunicazione

    nell'esercizio dei medesimi cittadini".

  • Come se ne esce? Ovviamente con la politica ("scienza ed arte del governo delle comunità umane", dicono i dizionari). Non resta che convenire (sempre con G.G.) "Per cui, nel disegno di proporre e perseguire una agenda istituzionale per l' internet, e a somma di tutti i fili di discorso, è viatico pregiudiziale che la interconnessione neutrale delle reti ... si interconnetta politicamente nei confronti degli uffici di pubblico interesse … "
  • Qualcosa esiste già ma urge dare forma istituzionale a questa indispensabile interconnessione/riallineamento tra rete (internet) e politica.
  • La proposta di una commissione bicamerale (tendenzialmente permanente) mi pare la più coerente con questo disegno.

2. Internet ed economia

  • A.R.M. "…la più importante realizzazione dell'open source software è Internet… Internet è stata madre dell'open source software, nel senso che la Rete è stato lo strumento fondamentale che ha reso possibile la collaborazione di tanti studiosi e programmatori. Ma Internet è stata anche la figlia del software libero; infatti Internet è uno straordinario e inusuale esempio di bene pubblico, non soggetto ad appropriazione privata esclusiva, il cui uso non desta rivalità. … In questo momento storico l'autarchia è molto meglio dell'accettazione supina di un modello della divisione internazionale del lavoro che affida ad altri paesi, tipicamente agli Stati Uniti d'America, il compito di sviluppare le tecnologie e i prodotti più innovativi, lasciando al nostro Paese il compito di produrre i prodotti e le tecnologie mature. Ti invito a riflettere su questo momento dell'evoluzione del capitalismo. Vi è stata una fase importante della globalizzazione capitalistica del mondo in cui i paesi ricchi si sono specializzati nella produzione delle anime e nella generazione dei bit, delegando ai paesi poveri la produzione dei corpi, ossia degli atomi corrispondenti a quei bit. La fase nuova è caratterizzata dalla delega ai paesi poveri anche della generazione dei bit, conservando tuttavia la proprietà intellettuale di quei bit."
  • Come ricorda G.G. in altra sede A.R.M. ebbe a scrivere "Da statalista convinto […] Io penso che le aziende pubbliche abbiano sostenuto il sistema economico nazionale più delle private e mi riprometto di dimostrarlo. […] Per altro penso che il mercato sia un'astrazione e che anche nei paesi più liberisti il Governo sia stato il fattore determinante del successo scientifico, tecnologico e industriale."
  • Tralasciando - per ragioni di spazio non certo di importanza - la questione della "mano pubblica" prepotentemente ritornata d'attualità con la vicenda Telecom Italia si evidenziano due espressioni chiave:
    • "open-source" e
    • "proprietà intellettuale", tra loro strettamente connesse.
  • In altra sede (Mariella Berra, Angelo Raffele Meo - LIBERTÀ DI SOFTWARE, HARDWARE E CONOSCENZA Bollati Boringhieri Torino 2006) viene ben argomentato come sia stato il "dono" e non lo "scambio" l'elemento fin'ora caratterizzante l'economia dell'open-source, in questo in accordo con altri acuti osservatori primo fra tutti Eric S. Raymond [2] (autore, tra l'altro, del celeberrimo LA CATTEDRALE ED IL BAZAAR -1998).
  • Il relativo recente successo dell'open-source nel mondo aziendale (soprattutto di Linux in ambito server, di Apache quale server web a maggior diffusione mondiale, il continuo crescere della suite per l'ufficio OPENOFFICE.ORG - versione open di STAR OFFICE della SUN ed unica vera alternativa ad OFFICE di MICROSOFT, l'inaspettata affermazione del browser libero FIREFOX con la rottura dell'assoluto predominio MICROSOFT) ha messo in crisi questo paradigma, avendo questo tipo di utenza necessità e modelli di business assai diversi da quelli fino a quel momento prevalenti nel mondo open.
  • L'ingresso di aziende come IBM o NOVELL ma anche la "trasformazione" di RED HAT (storica società nata e cresciuta in area esclusivamente open) ha "soddisfatto" la richiesta di affidabilità e continuità (nel "mantenimento" del software e nella fornitura di servizi) essenziale per la clientela "enterprise" ma ha reso assai problematica la conservazione (quale paradigma) del modello del "dono". Nel frattempo è cresciuta la consapevolezza che la linea della brevettibilità di ogni cosa (in specifico - per il nostro discorso - del software), dominante negli USA, fin'ora resistita nell'UE e semplicemente ignorata nel resto del mondo si sta ritorcendo contro i propugnatori trasformandosi in occasione di liti senza fine ed in oggettivo ostacolo allo sviluppo stesso del business.
  • Uno strumento giustificato come premio/stimolo all'innovazione si sta trasformando in una esiziale remora. Infine si è evidenziata la necessità (sconosciuta quando l'utilizzo del software open era marginale, non interessava il business) di una difesa (in senso tecnico-legale, quasi militare) del medesimo da aggressioni sempre più violente per resistere alle quali non basta (per parafrasare Nicolò Macchiavelli) "aver ragione", bisogna anche "aver la forza per farla valere".
  • Ecco allora che la manovra tattica torna utile (v. accordo NOVELL-MICROSOFT, una sorta di "patto di non aggressione") e che la presenza di "corazzate" come l'IBM è essenziale per resistere oggi al poco efficace attacco di CALDERA (ex-SCO) ma domani a quello ben più temibile (e già minacciato) di MICROSOFT. Da qui la domanda, quella non fatta, quella sulle prospettive dell'open-source, su un nuovo paradigma che ne mantenga gli elementi vitali e propulsivi ma che ne garantisca anche la diffusione su larga scala.
  • Domanda da formulare alla luce di tre eventi-situazioni disgiunti ma concomitanti, che definiscono cioè un contesto:
    • 1. L'ingresso (potente ma non prepotente) nell'area "open" di importanti società quali IBM, SUN, HP, NOVELL, ecc.
    • 2. Il controverso accordo tra NOVELL e MICROSOFT.
    • 3. Le difficoltà che ha incontrato la definizione della versione 3 della GPL (la licenza "tipica" del software open-source) ed in particolare l'iniziale aperta ostilità [3] di Linus Torvald (il "padre" di Linux e tuttora controllore ultimo del suo kernel) ora attenuata [4] ma per nulla convertita in adesione.

NOTE

  • [1] Archivi, Interviste, Memo: Indice, Sommario. In particolare Memo Gianfranco Capriz e intervista a Luciano Lenzini, inedita.
  • [2 V. COLONIZZARE LA NOOSFERA (1998) e IL CALDERONE MAGICO (1999)
  • [3] Mail di L.T. a Chase Venters del 25/1/2006: "… The Linux kernel has _always_ been under the GPL v2. Nothing else has ever been valid. The "version 2 of the License, or (at your option) any later version" language in the GPL copying file is not - and has never been - part of the actual License itself. … … So I don't think the GPL v3 conversion is going to happen for the kernel, since I personally don't want to convert any of my code."
  • [4] VISIONPOST BETA CRONACHE DIGITALI Torvalds: Gpl 3 migliora, ma non abbastanza di Raffaele Mastrolonardo 13/06/2007 La versione 3 della Gpl procede a passi spediti verso la sua pubblicazione definitiva prevista per la fine del mese. E, man mano che si arriva al dunque, i contenuti della più popolare licenza con cui è distribuito il software libero e open source, sembrano essere meno sgraditi a Linus Torvalds. Merito, a quanto pare, delle correzioni alle varie bozze effettuate nel corso del processo di revisione. Anche se da qui all'approvazione totale da parte di una delle figure più importanti del mondo open il passo è ancora lungo. "Sono molto ammirato - ha detto Torvalds intervenendo in una mailing list dei programmatori Linux - è molto meglio rispetto al disastro delle precedenti bozze". Tuttavia, ha aggiunto, "penso che la Gpl 2 sia semplicemente migliore". La Gpl 3 progredisce dunque, ma non ancora abbastanza da far migrare il kernel Linux sotto la nuova licenza, che rischia così di nascere senza avere sotto di sé uno dei suoi "pezzi" più importanti, il cuore del sistema operativo GNU/Linux. Torvalds continua infatti a preferire la versione precedente e a ritenere in qualche modo infondate le motivazioni che stanno al centro della nuova.

Fonti e ricerche per una storia dell' internetworking in Italia

Fonti e ricerche
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