- Nel corso di
queste conversazioni con A.R.M. Giorgio Giunchi dice "…
io sostengo che la generazione dell' arpanet e del tcp-ip sia più
'spregiudicata' della generazione del www"
(ribadendo quanto già affermato - sollevando qualche rimostranza
- in un dibattito tra i tanti che hanno animato il forum di ISOC), accreditando
così una sorta di maggiore vivacità/qualità (intellettuale)
a coloro che avevano trent'anni nei mitici '60 rispetto a chi li ha avuti
nei più prosaici '90.
- Si tratta di
una affermazione apparentemente gratuita ma la lettura delle biografie
e delle testimonianze dei protagonisti e quindi anche di questa di A.R.M.
aiuta a comprenderne l'origine.
- Interrogato
su molti (ma non tutti e su questo si tornerà) temi sull'informatica,
della e sulla rete laddove fa riferimento a quel periodo (appunto l'epoca
del TCP/IP) A.R.M. trasmette bene la tensione che pervadeva lui come gli
altri "pionieri" (Gerace, Capriz, Denoth, Lenzini per citarne
alcuni) in quegli anni, il senso di scoperta e di avventura, lo "spirito
di frontiera" che li animava [1] e del quale l'area "open"
è degna erede.
- In effetti poi
questo spirito (salvo appunto che nel segmento "open", allora
significativo ma non centrale - non main-stream), s'è notevolmente
attenuato e solo ora col Web 2.0 si assiste ad una significativa ripresa:
la vecchia talpa non ha mai smesso di scavare.
- Lo scambio di
opinioni (cui è stato imposto l'illuminante titolo "Produrre
anime è ben più difficile che produrre corpi") è
a tutto campo ed è quindi giocoforza circoscrivere il commento,
focalizzarlo. Due punti.
1.
Internet e politica
2.
Internet ed economia
- A.R.M. "…la
più importante realizzazione dell'open source software è
Internet… Internet è stata madre dell'open source software, nel
senso che la Rete è stato lo strumento fondamentale che ha reso
possibile la collaborazione di tanti studiosi e programmatori. Ma Internet
è stata anche la figlia del software libero; infatti Internet è
uno straordinario e inusuale esempio di bene pubblico, non soggetto ad
appropriazione privata esclusiva, il cui uso non desta rivalità.
… In questo momento storico l'autarchia è molto meglio dell'accettazione
supina di un modello della divisione internazionale del lavoro che affida
ad altri paesi, tipicamente agli Stati Uniti d'America, il compito di sviluppare
le tecnologie e i prodotti più innovativi, lasciando al nostro Paese
il compito di produrre i prodotti e le tecnologie mature. Ti invito a riflettere
su questo momento dell'evoluzione del capitalismo. Vi è stata una
fase importante della globalizzazione capitalistica del mondo in cui i
paesi ricchi si sono specializzati nella produzione delle anime e nella
generazione dei bit, delegando ai paesi poveri la produzione dei corpi,
ossia degli atomi corrispondenti a quei bit. La fase nuova è caratterizzata
dalla delega ai paesi poveri anche della generazione dei bit, conservando
tuttavia la proprietà intellettuale di quei bit."
- Come ricorda
G.G. in altra sede A.R.M. ebbe a scrivere "Da
statalista convinto […] Io penso che le aziende pubbliche abbiano sostenuto
il sistema economico nazionale più delle private e mi riprometto
di dimostrarlo. […] Per altro penso che il mercato sia un'astrazione e
che anche nei paesi più liberisti il Governo sia stato il fattore
determinante del successo scientifico, tecnologico e industriale."
- Tralasciando
- per ragioni di spazio non certo di importanza - la questione della "mano
pubblica" prepotentemente ritornata d'attualità con la vicenda
Telecom Italia si evidenziano due espressioni chiave:
- "open-source"
e
- "proprietà
intellettuale", tra loro strettamente connesse.
- In altra sede
(Mariella Berra, Angelo Raffele Meo - LIBERTÀ DI SOFTWARE, HARDWARE
E CONOSCENZA Bollati Boringhieri Torino 2006) viene ben argomentato come
sia stato il "dono" e non lo "scambio" l'elemento fin'ora
caratterizzante l'economia dell'open-source, in questo in accordo con altri
acuti osservatori primo fra tutti Eric S. Raymond [2] (autore, tra
l'altro, del celeberrimo LA CATTEDRALE ED IL BAZAAR -1998).
- Il relativo
recente successo dell'open-source nel mondo aziendale (soprattutto di Linux
in ambito server, di Apache quale server web a maggior diffusione mondiale,
il continuo crescere della suite per l'ufficio OPENOFFICE.ORG - versione
open di STAR OFFICE della SUN ed unica vera alternativa ad OFFICE di MICROSOFT,
l'inaspettata affermazione del browser libero FIREFOX con la rottura dell'assoluto
predominio MICROSOFT) ha messo in crisi questo paradigma, avendo questo
tipo di utenza necessità e modelli di business assai diversi da
quelli fino a quel momento prevalenti nel mondo open.
- L'ingresso di
aziende come IBM o NOVELL ma anche la "trasformazione" di RED
HAT (storica società nata e cresciuta in area esclusivamente open)
ha "soddisfatto" la richiesta di affidabilità e continuità
(nel "mantenimento" del software e nella fornitura di servizi)
essenziale per la clientela "enterprise" ma ha reso assai problematica
la conservazione (quale paradigma) del modello del "dono". Nel
frattempo è cresciuta la consapevolezza che la linea della brevettibilità
di ogni cosa (in specifico - per il nostro discorso - del software), dominante
negli USA, fin'ora resistita nell'UE e semplicemente ignorata nel resto
del mondo si sta ritorcendo contro i propugnatori trasformandosi in occasione
di liti senza fine ed in oggettivo ostacolo allo sviluppo stesso del business.
- Uno strumento
giustificato come premio/stimolo all'innovazione si sta trasformando in
una esiziale remora. Infine si è evidenziata la necessità
(sconosciuta quando l'utilizzo del software open era marginale, non interessava
il business) di una difesa (in senso tecnico-legale, quasi militare) del
medesimo da aggressioni sempre più violente per resistere alle quali
non basta (per parafrasare Nicolò Macchiavelli) "aver ragione",
bisogna anche "aver la forza per farla valere".
- Ecco allora
che la manovra tattica torna utile (v. accordo NOVELL-MICROSOFT, una sorta
di "patto di non aggressione") e che la presenza di "corazzate"
come l'IBM è essenziale per resistere oggi al poco efficace attacco
di CALDERA (ex-SCO) ma domani a quello ben più temibile (e già
minacciato) di MICROSOFT. Da qui la domanda, quella non fatta, quella sulle
prospettive dell'open-source, su un nuovo paradigma che ne mantenga gli
elementi vitali e propulsivi ma che ne garantisca anche la diffusione su
larga scala.
- Domanda da formulare
alla luce di tre eventi-situazioni disgiunti ma concomitanti, che definiscono
cioè un contesto:
- 1. L'ingresso
(potente ma non prepotente) nell'area "open" di importanti società
quali IBM, SUN, HP, NOVELL, ecc.
- 2. Il controverso
accordo tra NOVELL e MICROSOFT.
- 3. Le difficoltà
che ha incontrato la definizione della versione 3 della GPL (la licenza
"tipica" del software open-source) ed in particolare l'iniziale
aperta ostilità [3] di Linus Torvald (il "padre"
di Linux e tuttora controllore ultimo del suo kernel) ora attenuata [4]
ma per nulla convertita in adesione.
|