[Einaudi]
- Chiedo di parlare.
[Presidente
Terracini]
- Ne ha facoltà.
[Einaudi]
- Ricordo di aver
proposto due emendamenti all'articolo 39, il quale verrebbe ora fuso con
l'articolo 37. Tali emendamenti decadrebbero, senza che avessi avuto modo
di svolgerli.
[Presidente
Terracini]
- Onorevole Einaudi,
lei ha proposto due emendamenti all'articolo 39: "Sopprimere le parole:
in contrasto con l'utilità sociale o"; "Aggiungere il
seguente comma: "La legge non è strumento di formazione di
monopoli economici; ed ove questi esistano li sottopone a pubblico controllo
a mezzo di amministrazione pubblica delegata o diretta". Ritengo che
possano essere considerati come emendamenti ai testo concordato dell'articolo
37 e quindi ha facoltà di svolgerli ora.
[Einaudi]
- Il primo emendamento
all'articolo 39 da me presentato si limitava a togliere le parole: "in
contrasto con l'utilità sociale o". Ma poiché vedo che
l'Assemblea è propensa ad introdurre nei testi legislativi parole
le quali non hanno un significato preciso e su cui i commentatori avranno
in avvenire ampio campo a discutere, su questo punto preciso non insisto.
Avevo già imparato che nelle Costituzioni di oggi si usano indicare
principî ed additare indirizzi per l'azione successiva del legislatore.
Apprendo ora che, oltre ad indicare principî ed indirizzi per il
legislatore futuro, si formulano anche auguri, che in avvenire si riesca
a scoprire il significato delle parole che oggi non si conosce.
- E passo quindi
all'emendamento, all'aggiunta che ho proposto. Questa aggiunta deriva dalla
necessità, da me sentita, di cercare di scoprire cioè quale
era il vero contenuto di tutte queste norme, sia dell'articolo 37 congiunto
coll'articolo 39, sia dell'emendamento dell'onorevole Arata, accettato
da tanta parte dell'Assemblea. Le disposizioni contenute in quegli articoli
non segnavano in realtà alcun indirizzo al legislatore; non dicevano
al legislatore ciò che egli doveva fare; dicevano semplicemente
che il legislatore in avvenire farà tante belle cose e darà
tanti indirizzi, e stabilirà dei controlli e dei programmi e dei
piani. Io credo che fra programmi e piani nel dizionario dei sinonimi del
Tommaseo non vi sia alcuna differenza: le due parole esprimono lo stesso
concetto.
- […] .
- In nessuno di
questi due articoli è espresso il concetto che principalmente il
legislatore deve enunciare. Ora, ciò che il legislatore principalmente
deve dire e proporsi come scopo è la lotta contro quello che è
il male più profondo della società presente: e il male più
profondo della società presente non è la mancanza di programmi
e di piani - ché ne abbiamo avuti fin troppi - ma è invece
l'esistenza di monopoli.
- Cento anni fa
Proudhon ha detto che "la propriété c'est un vol",
proposizione gravemente erronea allora come adesso, e testimonianza della
incompetenza in cui egli versava intorno alle conquiste della scienza di
quel tempo. Dieci anni prima era infatti stato pubblicato da Agostino Cournot
un libro fondamentale sui principî della scienza della ricchezza
dove Proudhon avrebbe appreso che non è la proprietà un furto,
ma è il monopolio il furto, è il monopolio il danno supremo
dell'economia moderna.
- Noi, in questa
Costituzione, del monopolio non ne parliamo affatto. Ne parliamo solo all'articolo
40 incidentalmente, per dire che lo Stato deve farsi seguitatore e quasi
complice dei monopolisti nel senso dell'assumere esso quei monopoli con
cui i monopolisti privati riescono a fare il danno della collettività.
- È come
se dinanzi al ladrone pubblico che svaligia i viandanti, noi si dicesse
al carabiniere: tu non arresterai il ladrone, ma anzi ti convertirai in
ladrone e a tua volta spoglierai coloro che camminano per le strade. Questo
è in sostanza quello che abbiamo detto nell'articolo 40 a seguito
dei principî posti negli articoli 37 e 39, trascurando la novità
fondamentale dell'economia moderna, il frutto maggiore degli studi che
in un secolo sono stati compiuti per vedere qual è l'origine dei
mali sociali.
- L'origine più
profonda e vera dei mali sociali è il monopolio e noi nel testo
costituzionale non diciamo niente, non facciamo niente per combattere,
per lottare contro il monopolio. Chiedo perciò che nella Costituzione
sia sancito il principio che la legge non deve creare il monopolio e che
quando i monopoli esistono, questi monopoli devono essere controllati.
- La legge non
deve istituire essa i monopoli, non deve farsi essa stessa strumento di
creazione di monopoli.
- Monopolio che
cosa vuol dire? Monopolio vuol dire semplicemente rialzo, ad opera del
monopolista, dei prezzi al di sopra di quelli che esisterebbero in regime
di libera concorrenza, e se i prezzi sono alti i consumatori devono rinunziare
ad una parte dei beni che altrimenti avrebbero consumato, mentre altri
che avrebbero potuto essere invogliati a produrre quei beni non li possono,
per la mancanza di domanda, produrre.
- Di qui la disoccupazione.
L'origine più profonda della disoccupazione è nell'esistenza
dei monopoli che riducono la quantità dei beni, che aumentano i
prezzi del resto dei beni che ancora si producono, che aumentano i profitti
dell'imprenditore al di sopra di quello che sarebbe dovuto quale compenso
normale al capitale investito, al di sopra di quello che sarebbe il compenso
normale dell'opera dell'imprenditore.
- Il monopolio
crea quelle disuguaglianze sociali che in tanti articoli della Costituzione
si vorrebbero eliminare, e noi non diciamo nulla, non stabiliamo neppure
il principio che la legge non deve operare in modo che sorgano i monopoli,
vera fonte della disuguaglianza, vera fonte della diminuzione dei beni
prodotti, vera fonte della disoccupazione delle masse operaie.
- Non dicendo
nulla creiamo una profonda lacuna nel nostro sistema legislativo. Io non
affermo che nello statuto fondamentale dello Stato si debbano indicare
le norme con le quali la legge debba cessare dal creare dei monopoli, perché
cadremmo nel vizio del legiferare senza adeguata meditazione.
- Affermo soltanto
che è necessario che nella Costituzione sia stabilito il principio
che la legge non deve creare i monopoli.
- Purtroppo da
noi la legge ha creato e sta creando monopoli.
- Li crea quando
stabilisce un sistema di brevetti così congegnato da non attribuire
soltanto il dovuto premio agli inventori, ma da non consentire alla collettività
di utilizzare per un periodo di tempo indefinito e troppo lungo le invenzioni.
- Crea i monopoli,
in quanto rende possibile la esistenza non solo delle società anonime
che sono uno strumento utile, ma ne consente la degenerazione quando esse
si svolgono a catena.
- La legge, stabilendo
limitazioni ai nuovi impianti industriali, crea monopoli a favore degli
stabilimenti già esistenti.
- La legge, decretando
protezione doganale, la quale non sia strettamente limitata nel tempo -
e quasi nessuna protezione doganale è limitata nel tempo - crea
i monopoli di coloro che non hanno più timore della concorrenza
straniera, e sono liberi di taglieggiare congruamente i consumatori.
- Noi dobbiamo
perciò stabilire, per lo meno, il principio che la legge non debba
essere essa stessa a creare dei monopoli.
- Quando poi i
monopoli esistono, indipendentemente dall'opera della legge, noi dobbiamo
chiedere che siano soppressi ed eliminati, quando esistono, noi dobbiamo
affermare, in generale, che opportuni metodi siano adottati per controllare
i monopoli medesimi.
- Non è
necessario che nella Costituzione siano stabilite le modalità precise
del controllo. Nell'emendamento, dopo aver detto che la legge non è
strumento di formazione di monopoli economici, si aggiunge che, ove questi
esistano, essa li sottopone a pubblico controllo a mezzo di amministrazioni
pubbliche delegate o dirette.
- I mezzi per
controllare i monopoli sono infiniti e vari. Non dobbiamo adesso stabilire
quali devono essere, ma dobbiamo dire che vi debbono essere mezzi per controllare
i monopoli. Il controllo deve effettuarsi sempre per via di una amministrazione
pubblica ma il compito può essere anche delegato.
- Esempi numerosi
ed antichi di delegazione si possono citare. Tutti i consorzi dei porti
italiani non sono forse delegazioni a speciali enti pubblici per controllare
una gestione che, se lasciata ai privati senza limiti, darebbe luogo al
monopolio dell'esercizio di un determinato porto? Il legislatore italiano
ha sottoposto alcuni principali porti a controllo unitario, ossia secondo
un piano o programma od ordinamento (quante parole per esprimere il medesimo
concetto!), fin da un mezzo secolo, e l'esempio può essere continuato
ed allargato.
- Quando noi abbiamo
stabilito che l'istituto di emissione sia un ente pubblico e non vi debbano
essere più azionisti privati, ma soltanto partecipanti pubblici,
quando abbiamo detto che i dirigenti degli istituti di emissione devono
essere nominati e graditi dal Governo, non abbiamo forse noi creato un'amministrazione
pubblica e sottoposta al controllo da parte dello Stato?
- Quando si creano
dei consorzi di irrigazione, quando si regolano le casse di risparmio,
in fin dei conti, noi costituiamo amministrazioni pubbliche delegate dallo
Stato ad esercitare una funzione alla quale per il suo carattere eventualmente
monopolistico o per altre ragioni noi attribuiamo carattere pubblicistico.
- Può darsi
sia conveniente usare anche altre forme e le abbiamo usate anche in Italia.
Vi sono società anonime, il cui azionista, l'unico azionista, è
lo Stato. Talvolta lo Stato è solo un azionista preponderante. Che
male c'è? Se ci sono delle brave persone le quali affidano il proprio
capitale allo Stato sotto forma di sottoscrizione alle azioni di una società
anonima e lasciano che lo Stato, che ha il pacchetto della maggioranza,
regoli i criteri dell'amministrazione, distribuisca o non dividendi, abbiamo
creato, con un costo bassissimo per lo Stato, una collaborazione non certo
dannosa alla cosa pubblica, fra risparmiatori privati e lo Stato.
- Nella Costituzione
non deve certamente essere affermato debba darsi la prevalenza all'uno
o all'altro sistema concreto; può anche darsi si passi da un sistema
all'altro. Le circostanze di ogni momento ed industria monopolistica consiglieranno
la soluzione più opportuna. In Italia il monopolio delle ferrovie,
il monopolio che sino adesso è stato il più importante e
perfetto che esistesse - ora non è più perfetto, perché
contro il monopolio dei trasporti da parte dello ferrovie sono sorti i
trasportatori privati con autocarri e automobili - ha dato luogo ai sistemi
più diversi: dall'esercizio di Stato puro, siamo passati nel 1886
ad un sistema misto di tre società delegate private.
- Nel 1906 siamo
tornati all'esercizio di un'amministrazione autonoma statale. Oggi siamo
praticamente in regime d'amministrazione diretta di Stato delle ferrovie.
I metodi di esercizio delle imprese monopolistiche pubbliche sono infiniti.
Forse, fra i diversi metodi, quello dell'amministrazione delegata a un
ente pubblico è preferibile a quello dell'amministrazione diretta.
- Ma in questa
sede non dobbiamo dare soluzioni concrete; dobbiamo soltanto affermare
il principio fondamentale che la legge non deve creare monopoli e quando
questi monopoli esistono, essi devono essere controllati per via d'una
amministrazione pubblica o privata.
- La mia aggiunta
coincide con le norme che sono state proposte da altre parti dell'Assemblea.
Specifico però e indico quale è in realtà il male
fondamentale, la causa dei mali sociali odierni. Ove non ci si rendesse
conto dell'importanza del problema noi mancheremmo al nostro dovere che
è di combattere il fondamentale fra i mali sociali.
- […]
- Volevo osservare
soltanto che la configurazione storica che è stata posta innanzi
dal Presidente della Commissione, che la concorrenza crei i monopoli, è
una configurazione non conforme ai fatti.
- […]
- Non occorre
fare in questo momento valutazioni intorno all'importanza storica relativa
delle varie cause dei monopoli. La importanza relativa dei monopoli creati
dalla legge è minore di quella dei monopoli sorti da altre cause?
Lasciamo la soluzione del problema storico agli storici dell'economia.
- Affermo soltanto
che, laddove il monopolio è creato dalla legge, si debbono stabilire
norme che facciano sì che l'indirizzo del legislatore sia quello
di non creare nuovi monopoli.
- Quando poi i
monopoli sono nati, bisogna affermare il diritto dello Stato ad esercitare
controlli sui monopoli medesimi.
- […]
- Se non vogliamo
rendere lo Stato complice dei monopolisti, noi dobbiamo stabilire il principio
che la legge non debba creare monopoli, e se questi sono creati, debba
sottoporli a pubblici controlli. Se noi non stabiliremo questo principio
fondamentale, noi non avremo adempiuto in questa materia al nostro ufficio
essenziale.
- Pongo in votazione
il comma aggiuntivo proposto dall'onorevole Einaudi: "La
legge non è strumento di formazione di monopoli economici; ed ove
questi esistano li sottopone a pubblico controllo a mezzo di amministrazione
pubblica delegata o diretta".
- Assemblea
Costituente
- Emendamenti
agli articoli del titolo terzo della prima parte del progetto di Costituzione
- "Rapporti
economici"
- 13
maggio 1947 Seduta antimeridiana
|
|