Rapporti in rete sul progetto Fondazione | "Antonio Meucci" |
Mirror, link e referenze sul Tavolo dei domini |
La fondazione può essere un'opportunità
di Manlio Cammarata
09.01.03
Polemiche (scontate)
sull'articolo con il quale abbiamo chiuso il 2002, Quale "autorità"
può dettare le regole?, come al solito nella lista della cosiddetta
"Naming authority". Alcuni componenti della quale si ostinano
a ignorare i più elementari principi del diritto e a discettare
su cose che non sanno. Ma per non abusare della pazienza del lettore passiamo
subito alle novità.
Cambio della guardia all'Istituto di informatica e telematica del CNR (IIT, prima si chiamava IAT, Istituto per le applicazioni tecnologiche), l'ente di registrazione dei nomi a dominio ".it". Il professor Franco Denoth si è dimesso ed è stato nominato direttore pro tempore l'ingegner Stefano Trumpy, figura ben nota e stimata nel mondo dell'internet italiana. La nomina di Trumpy non è definitiva perché la direzione degli istituti di ricerca del CNR viene assegnata per concorso. Ufficialmente le dimissioni di Denoth sarebbero motivate da questioni amministrative relative al suo reincarico nella posizione di consulente, dopo che è andato in pensione. Ma qualcuno interpreta l'improvviso avvicendamento come un segno del nuovo corso che si profila nel "governo" della rete in Italia. Perché, questa è la sostanza, sembra ormai avviata a buon fine l'iniziativa di affidare l'intero sistema di registrazione dei nomi a dominio a una fondazione, cioè a un ente di diritto privato, ma sotto lo stretto controllo delle autorità competenti, che sono il Ministero delle comunicazioni e i Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie. Questo è quanto emerge dai lavori del "Tavolo dei domini", istituito dal ministro Gasparri, del quale fanno parte appunto il Ministero delle comunicazioni, il Dipartimento diretto dal Ministro Stanca, i rappresentanti del CNR e dell'associazione denominata Naming Authorithy. La costituenda struttura dovrebbe riunire sotto un unico "cappello" le due entità attualmente in funzione, cioè le cosiddette Registration Authority e Naming Authority (ricordiamo che queste denominazioni non sono riconosciute nell'ordinamento italiano: la prima è l'ITT, che fa capo al Consiglio nazionale delle ricerche e svolge i compiti di ente di registrazione, la seconda è una libera associazione). Nel consiglio di amministrazione della fondazione dovrebbero essere presenti i rappresentanti dei due enti. I compiti operativi dovrebbero essere affidati a un comitato tecnico che, secondo le prime anticipazioni, dovrebbe comprendere alcuni esperti nominati dai due ministri e rappresentanti delle varie categorie interessate: maintainer, provider, operatori di telecomunicazioni, utenti eccetera. E' inutile, a questo punto, discutere sull'opportunità di costituire una fondazione per svolgere compiti per i quali basterebbe un ufficio con una mezza dozzina di (veri) esperti nei due campi del diritto e della tecnologia. L'orientamento prevalente nella maggior parte dei Paesi industrializzati è quello di affidare la regolamentazione e la registrazione dei nomi a dominio a strutture indipendenti, alle quali i governi mettono "una mano sulla spalla", vista la natura di "infrastruttura ciritica" che oggi dagli stessi governi viene attribuita alla Rete. La formula, insomma, potrebbe essere riassunta come un "Ragazzi, autoregolatevi, ma non troppo". Di fatto si tratterà di bilanciare gli interessi dei privati con il controllo pubblico. Secondo il neo-presidente Trumpy dovrà essere ben impostato, e poi attentamente controllato nella sua evoluzione, proprio il meccanismo di collegamento tra le istanze privata e pubblica. C'è un altro aspetto che non può essere trascurato. I cattivi risultati del passato recente sono derivati in buona parte dal funzionamento dell'associazione, che si è assunta il compito di dettare regole anche al di fuori del proprio ambito di competenza, con decisioni influenzate in qualche caso dagli interessi personali di qualcuno e, nell'insieme, con una visione dell'internet ormai lontana dalla realtà. E' necessario evitare che tutto questo si ripeta nel futuro comitato tecnico della fondazione, perché altrimenti si tornerebbe al punto di partenza, con l'aggravante della natura formale di una fondazione creata con la benedizione e sotto il controllo, almeno parziale, delle autorità di governo. Ma una fondazione, proprio per come il nostro codice civile ne definisce la natura, potrebbe assumere altri compiti oltre alla regolamentazione e alla registrazione dei nomi a dominio. In particolare potrebbe svolgere un ruolo di promozione della conoscenza dell'internet, del suo uso "intelligente", insomma di quella "cultura" che non è la cosiddetta "alfabetizzazione tecnologica" dei mai attuati programmi dei governi. Ecco: la fondazione, nella quale avrà un peso essenziale il Consiglio nazionale delle ricerche, potrebbe in primo luogo fare appunto "ricerca" e poi promozione culturale. Altrimenti sarà stato speso tanto tempo e tanto denaro per continuare le inutili diatribe sul principio del first come, first served, nelle quali i più ignorano (e qualcuno finge di ignorare) che nella nostra civiltà giuridica esiste un principio molto antico e assai più efficace per dirimere un certo tipo di questioni: prior in tempore, potior in iure. E proprio qui si giocherà l'autorevolezza della prospettata fondazione, che non potrà ignorare che il settore dei nomi a dominio in Italia può e deve essere regolato secondo il nostro diritto e non scopiazzando istituti e procedure tipici di ordinamenti diversi, in una sorta di "colonizzazione giuridica", della quale non abbiamo alcuna necessità. |
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