Culture della Rete
a cura di cctld.it [Dicembre 2002-Agosto 2003 ver. 0.9]
La programmazione di strategie culturali proprie [appropriate] e' un indicatore classico della emancipazione dei movimenti politici, artistici, scientifici, sociologici, e pure di costume - che ad un certo punto di rottura ripiegano irrevocabilmente in se stessi ovvero assumono la frontiera di una esposizione civile, al preciso livello del mercato e delle istituzioni. PERCHE' La tesi di questo file e' che Internet penetra in modo "naturale" nell' antropologia e nei comportamenti - ma sconta limiti di sistema e propri a penetrare ed essere ri-conosciuta [o ri-conosciuto: internet e' maschio o femmina ?] nelle culture formali, con particolare riferimento ai mass media, che determinano la pubblica opinione. La conclusione di questo file e' che sara' il caso di darsi una mossa... Tra i limiti di sistema e' nota la mancanza in Italia, per retaggio di scuola idealistica, di una tradizione divulgativa della scienza, col margine della clamorosa eccezione colta della "Storia" di Geymonat e di qualche isola di popolarizzazione mediatica (es. le trasmissioni di Angela in generale, es. l' archivio di interviste di MediaMente, in particolare). Un esempio attuale piuttosto clamoroso di limite proprio di interlocuzione culturale consiste nella curiosa latitanza delle ragioni del network nella disputa a proposito di quella globalizzazione che, insomma, proprio la Rete innerva di infrastruttura e tecnologia [da citare in proposito comunque una esposizione consociativa a mediana traccia "new-global", troppo recente per essere valutata, promossa da Ettore Panella di Naming Authoriy] In somma Internet e' in assoluto uno dei mondi piu' citati nella cultura di massa - ma qui distorti e quindi in realta' sconosciuti alla pubblica opinione. Basta in proposito fare censimento di veline giornalistiche e sveltine telegiornalistiche: saggi troppo spesso esemplari di lessico approssimativo, numeri dati a caso, bufale di purissima fiction, per non parlare di una vulgata "storiografica" di miti e leggende. Per cui si puo' dire che la rete
Tra i rari controesempi -caso Italia- si segnalano
Per il resto Internet notoriamente dispone di techne' propria, protocolli scientifici di pubblico dominio, prassi diffusa e coinvolgente presso gli utenti - ma la cultura di riferimento e' risolta all' interno, fra gli addetti ai lavori - il che conferma ancora che Internet non e' dotata di una cultura "accreditata" e che difetta quindi, in questo tipo di societa', oltre che di identita' civile e statuto di interlocuzione, di un preciso e qualificante pezzo di potere. Questa scissione produce emarginazione & schizofrenia [parlo qui e proprio di patologie di relazione e immagine, non di quelle endogene della rete: virus, spam, in-sicurezza, squatting, accaparramento ...] e costa in fine un dissipante impegno a ricostruire pazientemente, spesso e daccapo, le reali immagini della rete, sopra tutto nelle interazioni con gli automatismi istituzionali e politici. Qualcuno tiene repertorio dei segni di questa emarginazione ? Qualcuno tiene il registro delle commissioni legislative sulle progettazioni e sicurezze telematiche dove non c'e' la rete, non c'e' il CNR, non c'e' il GARR, non ci sono i provider ? Chi ha la chiave del magico libricino degli appalti dove si distribuiscono in pubblica amministrazione quarti di milionata di Euro di tasse dei cittadini per software antivirus proprietario, con marca e modello indicato in bando di concorso, ovviamente a licitazione privata ? Qui entra in campo una precisa responsabilita' di scelta della Rete, concreta ed attuale, perche' non si tratta piu' di indovinare le giuste strette di mano per sedersi col vestito buono al tavolo di qualche trattativa - questo era problema forse di 10 anni fa, del tempo dei pionieri, prima dell' internet di massa. Qui si tratta di impiantare cultura, o, se si vuol essere un filino meno eleganti, di impiantare consenso. Prendiamo esempio da alcune ben note lezioni critiche in tema di Regole e di e-Gov. 1. Se al calare della XIII Legislatura avessimo avuto a disposizione dei solidi e diffusi magazzini culturali sul fatto che i nomi delle cose non appartengono a nessun potere (immaginiamo una rivista di riferimento propria, immaginiamo convegni con gente come Eco, immaginiamo niente di piu' e meno che un diritto di parola in forma di rubrica nelle redazioni [tele]giornalistiche, immaginiamo una "nostra" e diffusa ANSA...) forse sarebbe stato concepito con altra prudenza il colto disegno bipartisan (Passigli, Lo Presti, Contento) di un pregiudizio legislativo agli organi di Naming e di Registro. 2. Se avessimo veramente i "canali che funzionano" per documentare obbiettivamente (penso all' impeccabile report-reference di Trumpy-Caneschi ad ISOC 2003) che i trend che NON funzionano a livello internazionale sono quelli dove i Governi intercettano i Registri nazionali, magari avremmo programmato strategie e impianti con la P.A. in vece di buttar via un anno e mezzo !finora! per depontenziare la proposta di una Fondazione Internet con CdA a maggiornaza governativa. 3. Infatti missioni proprie di pubblica regola quali:
sono partite da giocare sulla base di diffuso consenso e costume di pianificazione comune ... ... E un solido background di info che coinvolgesse l' opera degli stessi Istituti di Cultura Italiana presso le rappresentanze estere non potrebbe che accreditare la immagine e una vocazione allargata per la preziosa desinenza .IT ! 4. Come estrema nota a margine: lo stesso discusso tema di una distribuzione di connessioni & banda alternativa a certo protezionismo telco lamentato da molti provider - non e' forse esemplare momento di un confronto per l' egemonia fra modelli culturali ?
Non e' il caso di darsi una mossa ? Liberi tutti noi, in alternativa, di scommettere fideisticamente ogni chance su una virtuosa e pacifica implementazione dei media in una rete interdisciplinare di pubblico dominio ! O pure liberi di rinchiuderci nel rito minoritario e conservatore di una alterita' propria telematica e di un linguaggio esclusivo (qui sta il primo e radicale Digital Divide) ... con il pronosticabile esito di un network in fine marginale rispetto alla piu' strutturale delle culture formali: quella del dominio politico. La politica potra' anche essere lib-lab e devolutrice su tutto, ma NON su internet - qui sempre e "naturalmente" tentata, con moto pendolare, ad ogni crisi, a "metterci le mani sopra". E godra' di ricorrente prassi un funzionariato che per inerzia istituzionale gioca l' unico gioco che sa e tratta la rete come un servizio Telco. Con la contraddizione di una ricorrente paranoia politica: la golosa tentazione, ma pure lo spettro, del partito di internet. Rileggiamolo bene quello che hanno detto a ISOC Italia 2003 Frontera e Joy Marino, che sono uomini di rete - rileggiamo in questa logica quello che sempre li', e poi agli Stati Generali di Parigi, ha detto Paolo Vigevano, che e' uomo di potere: perche' sara' difficile rintracciare un simile standard nella cultura politica corrente. Chiudiamola fuori. C' e' qualcuno che ancora crede nell' accademicita' del Verbo nel tempo globale delle fratture, che son li' da vedere, proprio fra le piu' formali delle culture civili, le ideologie e le religioni? C' e' pur sempre liberta' di pensiero, di parola e di intrapresa e sono veramente Beati coloro che hanno il Dono di una simile Fede perche' a loro sara' riservato il Regno dei Cieli. Ma non su questa terra. Perche' qui e sotto i nostri occhi, nel quinto-sesto paese del mondo, sul terreno dei poteri di una pubblica comunicazione, la cultura si accredita come esemplare luogo di egemonia e mercato, ed e' quindi essa ambito e dominio preciso della nostra responsabilita': istituzioni e business di rete senza una strategia culturale sono leggermente acefali, senza spina dorsale ovvero, con diverso approccio anatomico, senza palle. La conclusione di questo file, come si diceva, e' che sara' il caso, anche per motivi tattici oltrecche' di principio, di darsi una mossa, nell' anno di grazia 2003 d.C.: investire in cultura per creare consenso attorno al Network, con operazioni mirate e programmate, da parte degli istituti e degli interessi della rete nazionale. COME Come hanno fatto i pionieri di qualche cosa a dotarsi di una strategia culturale ? Che strumenti hanno usato ? Come hanno parlato al loro popolo, e agli altri ? Come ha fatto Vittorini con il Politecnico per gli uomini d' arte e cultura di sinistra, Pannunzio con i convegni e il cartaceo del Mondo, sempre negli anni '50, per i borghesi laici ? Come fanno oggi, a destra e a sinistra, MicroMega e IdeAzione ? Come fa il Seminario Ambrosetti ad intercettare e diffondere le visioni e le responsabilita' delle strategie industriali ?
Si puo' chiamare abbonamento, appuntamento, fidelizzazione, ma la sostanza sta nella costruzione di una tradizione, di alto livello, che lentamente ma abbastanza infallibilmente si moltiplica e allarga dai gruppi dirigenti ai giovani ricercatori futuri leader ecc. - una tradizione che intercetta pure le istituzioni e i poteri di riferimento e progressivamente arricchisce il riconosciuto archivio DOC della Cosa propria. Un caso particolare e citato in ambito politico e' quello del manifesto rivista, una dozzina di persone che scelgono, controcorrente, di non fare un ennesimo gruppetto, di non disperdersi "nelle lotte" - ma di concentrarsi in una iniziativa editoriale - che intercetta in formazione un background per cui in fine lo fanno davvero il partito, e pure generano un quotidiano che a quello sopravvive tutt' oggi. Venendo piu' vicini alle cose di casa nostra: come hanno fatto ricerca pura e applicata i pionieri di un' informatica maxi-midi-mini interattiva ? Cos' hanno fatto Minsky e McCarthy se non occupare tipiche agenzie culturali come il MIT per poi gemmare una storia che si sgrana, per accreditamento della leadership, fino alla Stanford, al Palo Alto Research e all' Homebrew Club ? E come hanno gestito Cerf, Crocker, Kahn, Landweber, Postel - letteralmente in un pugno di uffici universitari - la fondazione ed egemonica diffusione di protocolli di comunicazione di pubblico dominio ?! Sono state tutte, queste, tensioni di visione teorica prima ancora che istituzionale - e non c' era scritto da nessuna parte al mondo che la storia sarebbe finita cosi'. Potremmo ora convivere con una rete fondata su un protocolli proprietari con buona pace, saccheggio una recente immagine di Stefano Trumpy, del miracolo di Internet.
Diamo una stringata occhiata infine, e ovviamente, e senza commento, perche' non ce n'e' proprio bisogno, alla lezione cronachistica di due precisi modelli culturali e d' istituzione [in Accademia e Ricerca] del caso Italia, o meglio pisano ... l' I.E.I. e il C.N.U.C.E.
... C' e' qualcosa di esemplare, e simmetrico, e pure struggente, nel fatto che, in fine, ad esaurimento delle rispettive missioni e a rilancio unitario, nell' ottobre 2002, IEI e CNUCE si sciolgono e fondono, originando l' ISTI [Istituto di Scienze e Tecnologie dell' Informazione], impeccabilmente e suggestivamente intitolato al nome appunto, e all' opera di una vita, di Alessandro Faedo. Pssst: Ci siamo segnati tutti, vero ?!, che, poiche' la cultura e' una roba astratta, GARR sta monitoranto da anni quella bazzeccola di un centomila IP per bipede terrestre che si chiama IPV6, e che quindi cambiera' di scenografia il tema di come gli atti delle nostre vite diventano terminali di qualcosa ... ; e che un pugno di settimane fa sempre GARR ha impiantato [luglio 2003] sulla porta di casa [come ha segnalato Claudio Allocchio], a Roma [NAMEX], la replica del f.root-servers.net .... [NdR Nel dicembre 2003 e agosto 2004 replica rispettiva di i-root server e k-root server al MIX] CHI, DOVE, COSA Da cosa si potrebbe partire per impiantare un modello di strategia culturale propria della rete nazionale con l' ufficio di disimpegnare il preciso Ordine del Giorno di questo tempo dell' Internet di massa ?
investendo pure per alcuni aspetti la responsabilita' dei leader e delle consociazioni dei provider & maintainer http://listserv.nic.it/cgi-bin/wa?A2=ind0211&L=ita-pe&O=A&P=1056 ... Ma a questo punto si e' gia' abbondantemente sforato, le conclusioni esulano dai compiti propri di questo articolo di sollecitazione ... la palla passa senz' altro agli Istituti nominati ... e qui basti concludere con una modesta proposta per il QUANDO
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