Internet in 13 pillole
dalle origini al dominio ".eu"
di Stefano Trumpy
Dirigente di ricerca Istituto per l’Informatica e la Telematica (IIT) CNR
Presidente di Società Internet ISOC
Delegato del governo italiano nel Governmental Advisory Committee di ICANN
L’Internet
costituisce un miracolo.
In un certo senso è vero, dal momento che è un fenomeno sfuggito all'economia programmata delle industrie delle comunicazioni, supportate dai rispettivi governi. L’Internet ha un peccato originale. E’ nata da finanziamenti militari. Per capire come può essere potuto succedere, è bene tenere presente che il modello della ricerca militare in USA è diverso dall’Europa e dall’Italia in particolare. Il Ministero della Difesa negli USA (DoD) ha tradizionalmente investito molto in ricerca e l’ambiente universitario e della ricerca pubblica ha sempre tratto vantaggio da questo, senza che i risultati raggiunti rimanessero confinati agli obiettivi militari. Così l’Internet, mentre soddisfaceva le esigenze del committente, è divenuta uno strumento molto popolare per la comunicazione tra gruppi di ricercatori sparsi sul territorio degli Stati Uniti, cui si sono uniti ben presto gruppi di ricerca europei e di altri continenti. L’Internet si è sviluppata in maniera destrutturata. Nonostante l’origine governativa, peraltro limitata all’erogazione dei fondi ed al raggiungimento di determinati obiettivi, l’internet si è sviluppata in modo decisamente libertario e destrutturato. Essendo in sostanza una rete di reti, la parte di controllo centrale è sempre stata mantenuta al minimo indispensabile, per mantenere l’unitarietà degli indirizzamenti. L’Internet è governata da una oligarchia del merito. L’Internet ha sempre avuto uno sviluppo dal basso, pur essendo questo basso costituito da un’oligarchia del merito, cresciuta negli ambienti universitari e successivamente passata in parte all’industria. In questo modo il protocollo di Internet (il TCP/IP) ha sconfitto il protocollo ISO/OSI che era stato concepito dalle principali case costruttrici di elaboratori per poter assicurare la loro interoperabilità in rete. Lo sviluppo di questo ultimo protocollo aveva costi altissimi; il TCP/IP era più semplice ed inoltre i suoi costi di sviluppo erano stati supportati dal DoD. Il gap iniziale tra USA ed Europa si inizia a colmare negli anni Novanta. L’affermazione in Europa di Internet è arrivata con ritardo ma è stata progressivamente incontenibile. Il settore accademico e di ricerca ha utilizzato Internet in modo progressivamente massiccio a partire dalla metà degli anni 80. Attorno alla metà degli anni 90 l’affermazione dell’Internet nel commercio, nelle pubbliche amministrazioni ed in tutti gli strati della società ha fatto sì che il numero di utenti europei della rete aumentasse molto sensibilmente sino a superare il numero degli utenti negli Stati Uniti. Quale legittimazione ha la rete; sorge il problema. La crescita esponenziale della utenza della rete ha fatto sì che si imponessero problemi tecnici di scala e di crescita della organizzazione globale. Sino ad allora Internet era stata lontana dalle questioni della legalità; poi sono affiorati problemi che hanno messo alla prova quelle organizzazioni di governo della rete che erano state condotte “alla buona” da tecnici di prim’ordine, ma senza porsi troppi problemi legali e di policy. La “Internet governance”. In cosa consiste il governo della rete? Nella gestione di quei parametri che consentono ad Internet di mantenere la propria unitarietà; questi sono la gestione dei protocolli concordati da IETF (Internet Engineering Task Force), la allocazione dei numeri IP alle risorse presenti nella rete e la allocazione dei nomi a dominio che permettono, in sostanza, di indirizzare in modo mnemonicamente semplice i nostri interlocutori per la posta elettronica ed i siti web. In questo modo Internet può funzionare come la più grossa rete di reti esistente o come la madre di tutte le reti. Apparentemente le questioni di cui sopra potrebbero essere gestite da un gruppo di tecnici di primo ordine, senza forti implicazioni di policy ma, come vedremo da quello che segue, ormai non è più così. Nasce ICANN. Con il libro bianco pubblicato nel 1988 da Clinton - Gore, il governo degli USA aveva iniziato il processo per rendere di pubblico dominio, a livello globale, la gestione della Internet governance. Veniva quindi creato ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), con l’intento di affidare al settore privato la gestione della “Internet governance”; il governo degli USA, attraverso il Department of Commerce, avrebbe mantenuto la supervisione di ICANN sintanto che non fossero stati raggiunti gli obiettivi di base e che si fosse dimostrata la capacità del settore privato di gestire il “core” della rete in modo affidabile e senza eccessive contestazioni. I governi si interessano della rete Internet. E’ di questi anni il riconoscimento crescente, da parte di vari governi, che la infrastruttura della rete Internet costituisce un fattore critico per la comunità. Per questo motivo, paradossalmente, mentre il governo USA apriva per disimpegnarsi, gli altri governi, e quelli europei in particolare, aumentavano la loro sensibilità sui temi della “Internet governance”. Ad ICANN, sin dall’inizio, era affiancato il Governmental Advisory Committee (GAC) con lo scopo di favorire quella collaborazione privato-pubblico che avrebbe contribuito a dare legittimazione ad ICANN. Il problema vero, quando si parla di “Internet governance”, è di stabilire dove finisce il tecnico e dove comincia la policy; posto che si chiarisca questo confine, come si interseca il ruolo di policy di ICANN con il livello di policy di altri organismi internazionali e/o intergovernativi quali ITU, WIPO, OCSE, WTO, UNDP, ISOC, W3C, ETSI, e chi più ne ha più ne metta ? I critici di ICANN sostengono che ICANN non ha una legittimazione in quanto è una company privata fondata nello stato di California e pertanto non può legittimare alcuna imposizione e quindi neppure stabilire regole coattive finalizzate allo sviluppo ordinato della rete Internet. Il miracolo necessario oggi: trovare il giusto equilibrio tra pubblico e privato, a livello globale. Qui si tratta di stabilire un circuito virtuoso; i governi devono dare fiducia ai tecnici e devono avere l’obiettivo di interferire il minimo possibile. In sostanza i governi hanno bisogno dei tecnici per farsi guidare nella crescita dell’Internet ed i tecnici hanno bisogno dei governi per guadagnare la loro legittimazione ad operare ed ad eventualmente adottare misure prescrittive. Va notato che, in questa direzione, è rilevante il fatto che Paul Twomey è stato scelto come Presidente e “Cheaf Executive Officer” da ICANN, una company senza fini di lucro dello stato di California; Paul viene da un’esperienza di 4 anni di “Chairman” del Governmental Advisory Committee di ICANN. Segnalo questo non come una manifestazione di trasformismo ma come un’affermazione positiva del principio di collaborazione pubblico – privato resa ancora più evidente nella fase di riforma di ICANN che è in atto. Discussioni sul futuro del registro “.it”. In Italia si sta discutendo sull’assetto futuro del registro “.it”. Lo scorso 22 maggio si è tenuta una tavola rotonda presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (che notoriamente gestisce l’allocazione dei nomi a dominio sotto il “.it”, attraverso il proprio Istituto di Informatica e Telematica), sul tema del ruolo del governo nei temi della “Internet governance”. La posizione che è emersa, da parte di autorevoli rappresentanti, anche di estrazione governativa, è stata che il governo dovrebbe dare quella legittimazione al registro che sinora è mancata ed esercitare sul registro stesso un ruolo di punto di riferimento, senza entrare in modo condizionante nella struttura di gestione. Il governo dovrebbe muoversi in modo da preservare le competenze di alto livello accumulate sino ad adesso e favorire una partecipazione del settore privato, riservandosi di intervenire solo per eventuali necessità di preservare la integrità della rete, in casi improbabili di severi malfunzionamenti del registro e comunque regolamentare in modo leggero, per favorire uno sviluppo ordinato della rete e scoraggiare gli abusi più dannosi alla società. Discussioni per l’attivazione del nuovo registro “.eu”. Di problemi simili si sta discutendo anche presso la Commissione Europea per la attivazione del nuovo registro ccTLD (country code Top Level Domain) “eu”. Come noto, il registro italiano è nel consorzio che si è aggiudicato la gestione del nuovo suffisso “.eu” e proprio in queste settimane si è nella fase di predisposizione del contratto tra EURID (così si chiama il consorzio) e la Commissione Europea che rappresenta quindi “il governo”. La Commissione ha definito due livelli di policy: la public policy che dovrà essere definita dalla Commissione Europea dopo una discussione con gli stati membri, e la operational policy che dovrà essere gestita dal registro stesso. Non nascondo una certa preoccupazione che i governi potrebbero voler imporre criteri di public policy tali da rendere poco gestibile il registro. Sarà di fondamentale importanza trovare un giusto equilibrio che limiti l’intervento intergovernativo al minimo indispensabile per garantire un ordinato sviluppo dell’Internet. È proprio sulla definizione di questo “minimo indispensabile” che si giocherà la partita della efficienza ed il “.eu” potrà rappresentare un modello virtuoso anche per lo sviluppo degli altri ccTLD nazionali. La riforma di ICANN. ICANN è in una fase di transizione; nella riforma in atto si è inteso di dare maggiore peso ai governi, rappresentati attraverso il GAC; la sinergia pubblico-privato dovrà dimostrare di poter funzionare meglio di quanto è stato nella giovane vita di ICANN. I governi dovranno abbandonare la tentazione di voler intervenire su molte questioni di dettaglio; essi dovrebbero dare legittimazione e favorire gli accordi tra i vari settori di interesse in campo. Per fare questo, la soglia tra le questioni tecniche e quelle di “policy” dovrebbe essere abbassata il più possibile verso le questioni tecniche. I governi dovrebbero chiarire il principio che essi rappresentano la ultimate authority ovverosia quell’autorità che interviene soltanto se le cose non funzionano, con lo scopo di garantire ai cittadini che la infrastruttura internet non venga messa a repentaglio. Per realizzare questo scopo virtuoso, si rende necessaria una continua ed approfondita relazione tra i politici, gli amministratori ed i tecnici, in modo che si realizzi una reciproca sensibilizzazione che difenda da derive improprie dall’una e dall’altra parte. Un tema da analizzare approfonditamente è il modello di gestione della governance di Internet globale in vista di una sua evoluzione/consolidamento. Il rapporto di ICANN con il governo degli USA puo’ essere visto positivamente purché, come pianificato, si dissolva, in tempi certi, a favore di un modello di partecipazione paritaria con gli altri paesi e dell’ Europa in particolare. In questi mesi è in corso una discussione molto accesa sul futuro della Internet governance in seno al documento programmatico in preparazione del WSIS (World Summit on Information Society). La discussione si incentra su due ipotesi, delle quali l’una vede i problemi di “policy” relativi alla Internet governance controllati da organizzazioni intergovernative (come potrebbe essere lo ITU) e l’altra vede il controllo da parte di organizzazioni internazionali di natura non governativa (come potrebbe essere ICANN opportunamente ristrutturato), con un supporto esterno governativo dato dal GAC, esso stesso evoluto. Personalmente propendo per la seconda ipotesi, così come il settore privato quasi in blocco, e la maggioranza dei rappresentanti governativi dei paesi tecnicamente più evoluti. Alcune interessanti letture correlate Per coloro che volessero approfondire in temi trattati in questo articolo, si consigliano le seguenti letture:
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