- Così
come non si costruisce una casa partendo dal tetto, ma prima si fa un progetto,
poi si scavano le fondamenta ed infine si arriva al tetto, credo che parlare
di scorporo della rete sia una possibile risposta ad una domanda che dovrebbe
venire prima di tante altre, e soprattutto dovrebbe basarsi su un progetto
di sistema.
Fast
forward
- Immaginiamo
per un momento come potrà essere il mondo tra 10 anni. Guardiamo
soltanto allo scenario ITC nei paesi più evoluti.
- La rete di distribuzione
telefonica sarà soppiantata da reti multiservizi, ad alta ed altissima
velocità. Il servizio telefonico “voce” sarà solo una componente
marginale. La semplice necessità di ridurre i costi operativi di
gestione renderà indispensabile il rinnovo delle vecchie reti.
- Non tutti i
paesi partiranno alla pari: dato un punto di arrivo - considerato inevitabile
- di un passaggio ad una infrastruttura completamente ottica fino alle
singole abitazioni, quei paesi che per primi avranno investito in infrastrutture
FTTH si troveranno avvantaggiati rispetto a avrà scelto un approccio
graduale, tendente a spremere ogni velocità di trasmissione possibile
dal vecchio doppino in rame.
- In Asia, Giappone
e Corea avranno completato la copertura in FTTH per gran parte della popolazione
e potranno ragionare in termini di servizi innovativi su una scala che
è oggi inimmaginabile.
- In Europa lo
scenario sarà più articolato, con alcuni paesi più
avanti degli altri nella sostituzione integrale del rame con la fibra ottica
ed altri che, a causa degli investimenti sostenuti per realizzare reti
NGN di prima generazione - di tipo VDSL2 ad esempio - cercheranno di ritardare
l’inevitabile passaggio al FTTH, al solo scopo di remunerare gli investimenti
fatti. E l’Italia?
Quale
opportunità
- Immaginiamo,
solo in termini puramente tecnici, come potrebbe essere una NGN in tecnologia
ottica PON che coprisse almeno l’80% della popolazione italiana.
- La tecnologia
prescelta dovrebbe essere di tipo EPON: è la più adottata
e quindi più avanti nella curva di maturità (e di costi decrescenti),
si basa sugli standard di Ethernet, più adatti a reggere il funzionamento
di reti “a prova di futuro”.
- La preferenza
dei operatori tradizionali per GPON, ancora basato su ATM, rispecchia più
il desiderio di mantenere un controllo capillare dell’erogazione dei flussi
trasmissivi, irrealistico nel momento in cui la banda trasmissiva si avvia
ad essere una risorsa virtualmente illimitata.
- Il costo di
realizzazione potrebbe essere inferiore a 20 miliardi di € e si può
presumere che con l’affinamento delle tecniche di stesura delle fibre,
ci sarà una generale riduzione dei costi nel corso degli anni.
- Una rete NGN2
consentirebbe l’accorpamento delle centrali di commutazione in alcune centinaia
di siti (la rete di distribuzione in fibra copre un raggio di 20-50 km
contro i 2-4 km degli attuali doppini).
- Di contro il
passaggio ad una tecnologia intermedia NGN di prima generazione (VDSL2)
richiede la moltiplicazione degli armadi di commutazione (decine di migliaia),
con un impatto considerevole sia in termini ambientali, che di consumi
energetici, oltreché per la successiva eliminazione quando si passerà
- comunque - a FTTH. Affinché sia efficiente, la centrale di commutazione
dovrà servire l’intero bacino di utenti attraverso una copertura
a tappeto. In questo modo i costi saranno contenuti ed il ritorno dell’investimento
assicurato già solo attraverso la riduzione dei costi operativi
dei servizi TLC tradizionali.
Il
problema
- Assumiamo che
questo sia il progetto ideale da un punto di vista tecnico. Le obiezioni
sorgono sul piano regolatorio e concorrenziale.
- 1. La copertura
a tappeto dell’utenza esistente non si concilia facilmente con l’apertura
del mercato ad operatori strutturali in concorrenza tra loro. Si tratta
di riconoscere che esiste un monopolio naturale nel mondo delle reti (di
accesso) e che creare artificialmente forme di competizione infrastrutturale
non è una soluzione efficiente.
- 2. L’investimento
necessario per la realizzazione della NGN avrebbe caratteristiche diverse
rispetto a quelli tipici del mondo ICT. Si tratterebbe di un investimento
per infrastrutture che hanno una vita molto lunga, misurabile in svariati
decenni, mentre il ritorno degli investimenti ICT si misura in pochi (2-3)
anni. Sarebbe però inerentemente a basso rischio: sul piano tecnologico
ci sono ragionevoli attese che si verifichi quello che è accaduto
ovunque sono state stese reti in fibra ottica: l’evoluzione delle apparecchiature
elettro-ottiche ha consentito di moltiplicare di ordini di grandezza la
velocità trasmessa da ogni fibra, estendendone la vita indefinitamente.
Dal punto di vista regolamentare dovrebbe essere statuito che si tratta
di monopolio naturale, e conseguentemente definire il contesto regolatorio
(non dissimile da quello di altre reti).
- 3. La competizione
tra infrastruttura in rame e nuova infrastruttura in fibra dovrebbe essere
esclusa, assegnando la gestione di entrambe ad un unico soggetto che sia
terzo rispetto a tutti gli operatori. Infatti, l’interesse tattico dell’operatore
incumbent è quello di mantenere - anche artificialmente - in uso
la rete in rame, allo scopo di non doverla cedere in tutto o in parte a
quegli operatori alternativi interessati a proporre servizi maturi a prezzi
molto ridotti. D'altra parte, se solo l’esercizio della rete in rame esistente
fosse conferito ad un soggetto terzo, senza imporre vincoli sulla nuova
rete, l’operatore con maggior forza di mercato potrebbe costruire ex-novo
una NGN, per le aree a maggior redditività, lasciando sulle spalle
del nuovo soggetto oneri di gestione sempre crescenti.
La
risposta
- Ecco quindi
che ora la risposta è chiara: ci vuole un assetto organizzativo
che dia risposte convincenti e stabili a tutti i quesiti. La separazione
della rete in una società completamente autonoma è una parte
della risposta, ma da sola non è sufficiente. Occorre anche che:
- a) sia data
la possibilità ad altri soggetti di investire nella nuova società,
che avrà mandato di realizzare la NGN2 come “opera pubblica”.
- b) la rete in
rame e la nuova rete facciano capo ad uno stesso soggetto per tutto il
periodo necessario ad un completo switchover dal rame alla fibra (10-15
anni).
- c) concorrenza,
impossibile a livello di infrastruttura fisica, sia garantita e rafforzata
a livello di offerta al pubblico, attraverso la virtualizzazione dell’accesso
alle reti PON.
- In estrema sintesi,
si tratterebbe di estendere alle nuove reti il modello concettuale del
Bitstream, da poco regolamentato.
- La risorsa fisica
“rete di accesso” potrà così essere condivisa da un numero
anche grande di operatori commerciali, ognuno dei quali potrà “vestire”
il servizio di accesso con ampi gradi di libertà sia dal punto di
vista commerciale che tecnologico.
- In nomenclatura
OSI, il livello fisico e di trasporto dei dati è comune a tutti,
ma la configurazione della rete, le sue interconnessioni con la Big Internet,
la strutturazione dei servizi (e, non ultima, la gestione della qualità
di servizio) rimangono appannaggio del singolo operatore.
- Questo modello
è riproducibile senza grandi difficoltà anche su una rete
FTTH, sia GPON che EPON.
- Altre forme
di condivisione della risorsa fisica attraverso la virtualizzazione della
rete potrebbero essere introdotte strada facendo, ad esempio quelle basate
sulla divisione in frequenza (WDM, possibile sulle reti PON) allungando
ulteriormente la vita dell’infrastruttura FTTH; così sarebbe anche
possibile l’allargamento della base concorrenziale, differenziando tra
operatori che comprano singoli “colori” ed operatori che comprano “bitstream”.
A
prova di futuro
- La competitività
di un Paese si misura - soprattutto nel mondo ICT - con la sua capacità
di tradurre idee innovative in servizi e prodotti che rispondano ai bisogni
degli utenti e che abbiano costi accessibili. In questo contesto le reti,
anzi “la Rete” ha funzione sia di catalizzatore di nuove idee che di mercato
universale.
- La strategia
vincente (per il Paese) è quella di massimizzare il numero dei futuri
possibili, intervenendo il meno possibile in scelte non neutrali: con una
specie di “Rasoio di Occam” l’operatore della NGN dovrà fare il
meno possibile.
- Questo si declina,
ad esempio, nel gestire una rete “stupida” - neutra rispetto a qualsiasi
applicazione - dove persino la gestione della qualità di servizio
dovrebbe essere appannaggio dagli operatori commerciali che acquistano
dall’operatore infrastrutturale.
- L’operatore
infrastrutturale che operi in regime di monopolio naturale ha sulle sue
spalle una grossa responsabilità: qualunque scelta tecnologica non
ovvia che farà si ripercuoterà sui possibili futuri del Paese.
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