Fonti e ricerche per una storia dell' internetworking in Italia

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Commenti a Produrre anime e' ben piu' difficile che produrre corpi

Sull' agnosticismo protocollare rispetto al segnale e al canale

Alessandro Ranellucci [8 Luglio 2007]

  • Quando, in questi ultimi anni, si è cominciato ad impostare discorsi storiografici sugli eventi e i personaggi che hanno accompagnato la nascita e la diffusione di Internet ci si è trovati di fronte ad una curiosa ma limpida metafora: tante storie, più o meno coeve, più o meno mosse da interessi comuni, ma strettamente interconnesse in più punti.
  • È una maglia di relazioni, di sigle, di date, di contesti anche molto diversi tra loro ma le cui relazioni reciproche portano senza soluzione di continuità all'attualità più stretta. Si obietterà facilmente che qualsiasi materiale storiografico prima di diventare storia si presenta in questa forma e che sarà poi inevitabile compito degli storici e del tempo quello di riordinare gli eventi secondo un ordine logico, individuandone le trame fondamentali; eppure in questo contesto giova leggere i fatti così come si presentano e cioè, neanche a farlo apposta, proprio come una rete.
  • Uno dei nodi di questa rete che meritano senz'altro grande attenzione è la figura del prof. Angelo Raffaele Meo, che nella sua lunga carriera ha fornito alla ricerca nazionale apporti eterogenei e di grande lungimiranza. È questione assai centrale, quella dell'atteggiamento di Meo, una sorta di "metodo convergente", che interconnette la ricerca tecnologica con le sue molteplici ricadute socioeconomiche; l'attualità di Internet (e, più in generale, del "fenomeno Internet" che conosciamo) lo dimostrano con grande evidenza.
  • Ad esempio, quando Meo parla di "agnosticismo protocollare rispetto al canale e al segnale" contestualizzando l'espressione nel suo significato tecnico pone meritoriamente l'attenzione su un concetto parallelo tutt'altro che scontato: l'indipendenza del mezzo dall'uso che se ne fa. Questo principio, che è molto parente dell'impostazione a strati del TCP/IP e in generale della definizione dei protocolli di comunicazione, stenta ad oggi ad essere riconosciuto dalla politica nel suo approccio con la rete Internet.
  • Nel nostro Paese negli ultimi dieci anni si sono visti numerosissimi episodi di legiferazione in materia di Internet caratterizzati dal totale fraintendimento della sua natura.
  • Quello che Cerf e Meo dicono all'unisono, il primo con la famosa metafora dello specchio della società e il secondo con l'affermazione che qualsiasi bavaglio alla Rete può essere facilmente rimosso, è un'avvertimento alla politica: la Rete va trattata rispettando la sua natura di rete.
  • E una rete basata sul TCP/IP, che da trent'anni si espande autonomamente come un grande organismo vivente mettendo radici e annodandosi intorno al pianeta, è troppo robusta perché una maldestra azione legislativa abbia successo.
  • I pacchetti aggirano facilmente gli ostacoli, i protocolli ignorano il funzionamento degli altri strati, quello che non passa si mette in coda, i contenuti si moltiplicano e rimbalzano da un nodo all'altro: una politica capace solo di mettere ostacoli o sbarrare strade non otterrà niente di più che una guerriglia - dunque molti danni e nessun risultato. Investire nella rete vuol dire comprenderne la natura e le ricadute socioeconomiche: è per questo Meo offre un potente strumento interpretativo quando accenna alla "produzione del bit" assimilandola ai processi industriali che hanno caratterizzato l'evoluzione capitalistica. Meo teme che il perseguimento di comportamenti illegali mediante la limitazione del funzionamento della rete sia "un pretesto per imporre un controllo politico dei contenuti della Rete".
  • Indubbiamente il suo pensiero è ad oggi condiviso da molti e confermato dall'attualità più stringente.
  • Sono tentativi maldestri, inefficaci, messi a nudo negli intenti proprio dalla schiettezza cui i provvedimenti censorii sono costretti quando si cerca di applicarli ad Internet.
  • Eppure, in una frenetica corsa viziosa questi atteggiamenti non fanno altro che alimentarsi. Inutile dire che il capitolo delle "patologie della rete", come recita una felice espressione nata in ambito ISOC Italia, è al contrario del tutto ignorato dalla politica quando sarebbe invece terreno di utile confronto ed intervento. In questo senso non si può che auspicare l'apertura di un tavolo permanente con funzione istituzionale, quale può essere una commissione parlamentare, finalizzato alla corretta impostazione dell'azione politica nei confronti di quanto avviene intorno alla Rete.