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Commenti a Produrre anime e' ben piu' difficile che produrre corpi

Io gli invidio molto le sue certezze

Vittorio Bertola [8 Luglio 2007]

  • La prima volta che ho incrociato il professor Meo è stato per e-mail, una decina abbondante di anni fa; io ero studente al Politecnico di Torino, alle prese con la scelta del piano di studi, e gli scrissi per avere informazioni sul suo corso. Alla fine decisi di specializzarmi in un altro ambito, ma rimasi colpito dalla gentilezza e dall'esaustività con cui mi era stato risposto.
  • La seconda volta che ho incrociato il professor Meo fu nel giugno 2003: nell'aula 4 del Politecnico, Richard Stallman doveva tenere una conferenza, e per presentarlo fu connesso un portatile al proiettore. All'accensione, il portatile rivelò di essere stato installato con il doppio sistema operativo, Windows e Linux; Stallman, indignato, se ne lamentò subito. La responsabilità del portatile, stando ai ragazzi dell'organizzazione, fu prontamente scaricata sulle larghe spalle del professor Meo.
  • La terza volta che ho incrociato il professor Meo fu nel novembre 2004: nell'Aula Magna del Politecnico si teneva il Linux Day, e lui ed io eravamo i due invitati a tenere le presentazioni iniziali. La mia presentazione, che verteva su argomenti piuttosto specialistici come ICANN e la governance della rete, fu apprezzata, ma quella di Meo riscosse una vera ovazione. Io apprezzai il modo preciso, conciso ed illustrato con cui i concetti erano stati presentati, e presi nota.
  • La quarta volta che ho incrociato il professor Meo fu nel dicembre 2004, allo IULM, in uno dei convegni di Fiorello Cortiana. Lui si fece avanti molto amichevolmente, mi salutò, e disse che aveva sentito parlare molto bene di me da un comune amico. Io diventai verde, balbettai qualcosa, e cercai di vaporizzarmi per l'imbarazzo. Forse dipendeva dal comune amico.
  • La quinta volta che ho incrociato il professor Meo fu nel suo ufficio, qualche tempo dopo. Io andai là per proporgli un possibile progetto di ricerca applicata; solo che era un progetto pensato alla moda della new economy, con un venture capital (peraltro pubblico e partecipato dal Politecnico) che avrebbe forse stanziato del denaro per pagare i suoi ricercatori, in cambio della proprietà intellettuale almeno parziale sui risultati. Lui mi rispose che vedeva le mie basi ideologiche vacillare. Non se ne fece nulla; in questo momento, un paio di anni dopo, una tecnologia simile è alla base di una azienda americana che vale alcuni miliardi di dollari.
  • Dopodiché, io e il professor Meo ci siamo incontrati varie volte. Io gli invidio molto le sue certezze, e le sue categorie interpretative della realtà, tutte nere o tutte bianche (anzi: tutte nere o tutte rosse). A dire il vero, gli invidio molto anche la collezione di clip art, e credo che uno dei maggiori contributi scientifici che i meologi di tutto il mondo potrebbero offrire alla collettività sarebbe capire il processo tecnico-artistico tramite cui vengono pensate e realizzate le figure dei suoi lucidi.
  • Invece, il contributo fondamentale che Meo ha portato alla storia del pensiero italiano in materia di rapporto tra tecnologia, economia e società è già acclarato: per questo sono lieto che qualcuno abbia finalmente pensato di raccogliere questi racconti in un'opera organica. Purché la si tenga aggiornata, visto che, fortunatamente, il professor Meo non ha alcuna intenzione di andare in pensione.