Fonti e ricerche per una storia dell' internetworking in Italia

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Ricordo di Titta Gerace

[pubblicato su Sapere, Giugno 1988, anno 54, n.6, pagine 49-52]

Il 4 giugno dell' anno scorso e' morto Giovanni Battista Gerace, uno dei padri dell' informatica italiana.

Era nato nel 1925 e si era laureato tardi, nel 1954, perche' aveva eroicamente partecipato alla guerra di liberazione e in quei mesi di guerra aveva contratto una grave malattia che lo aveva tenuto in ospedale per quasi cinque anni.

Dal 1955 al 1961 aveva partecipato alla, progettazione e realizzazione del primo calcolatore elettronico italiano, una splendida avventura scientifica che continuo' per tutti gli anni '60 producendo molti risultati interessanti dal duplice punto di vista teorico ed applicativo, ed innescando lo sviluppo della cultura e della industria informatica nel nostro paese.

Era stato inoltre uno dei protagonisti del dibattito sul ruolo della scienza e dell' informatica in particolare, e sui pericoli e i problemi sollevati dall' avvento delle nuove tecnologie.

A distanza di un anno dalla sua morte, i contributi da lui portati al progresso dell' informatica e al dibattito socio-politico sulla scienza appaiono cosi' numerosi e importanti da rendere molto difficile, se non impossibile, una loro esposizione in un breve articolo.

Pertanto, questo suo ricordo si limitera' a pochi capitoli, scelti fra i piu' importanti della sua attivita'.

La microprogrammazione

Quando, nel 1956, Gerace e i suoi collaboratori impostarono il progetto del "calcolatore pilota" da cui nacque la CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), il calcolatore elettronico "a programma memorizzato" (stored program, secondo la classica definizione di Von Neumann) aveva pochissimi anni di vita.

Il passaggio dalla calcolatrice non programmabile, com' e' quasi sempre, ad esempio, la calcolatrice tascabile, all' elaboratore a programma memorizzato era una pietra miliare dello sviluppo dell' informatica.

Nella calcolatrice non programmabile soltanto i dati del problema e i risultati intermedi e finali vengono scritti nella memoria centrale.

Nell' elaboratore a programma memorizzato, oltre ai dati e ai risultati intermedi, viene scritto nella memoria centrale anche il programma, ossia la descrizione minuta delle singole operazioni, o "istruzioni", che sui dati e sui risultati intermedi devono essere eseguite.

Cosi', l' uomo non deve intervenire dopo ogni operazione, e l 'attivita' di calcolo, svolgendosi automaticamente,diviene molto piu' rapida. Nei pochi elaboratori elettronici a programma memorizzato che precedettero la CEP, le istruzioni che l' unita' centrale poteva eseguire erano poche e semplici.

Accrescere il loro numero o la loro complessita' poneva grandi difficolta', perche' il numero di transistori o circuiti elementari dell' unita' di controllo del calcolatore cresceva molto rapidamente con il numero delle funzioni elementari di calcolo attuale. Inoltre, una modifica anche molto piccola dell' insieme delle istruzioni richiedeva un lungo rifacimento dell' intero progetto.

Per superare questi limiti, Gerace penso' di scomporre ogni istruzione di macchina in un "microprogramma", ossia in una sequenza di operazioni elementari, come il trasferimento di un dato da un registro ad un altro ("microistruzioni"), e di scrivere tutti i microprogrammi corrispondenti a tutte le istruzioni in una memoria apposita, molto veloce, distinta dalla memoria di programma.

Con questa soluzione, accrescere il numero delle istruzioni equivaleva ad aumentare il numero dei microprogrammi, e modificare un' istruzione equivaleva semplicemente a cambiare un microprogramma senza alterare il progetto dell' elaboratore.

Gerace e i suoi collaboratori in quel periodo erano troppo impegnati in una attivita' realizzativi che altrove occupava molte decine dei persone, e quindi non trovarono ne' il tempo ne' la voglia di descrivere la "microprogrammazione" sulle riviste scientifiche internazionali.

Soltanto alcuni anni dopo, nel 1961, a lavoro ultimato, i nove progettisti della CEP (Braito, Caracciolo, Cecchini, Denoth, Falleno, Gerace, Guerri, Pistelli, Sabbadini) scrissero, con molta semplicita' e umilta':

Per poter estendere arbitrariamente il codice di base di macchina e' stato inoltre sviluppato uno speciale metodo di microprogrammazione automatica.

Va poi segnalata, come ricerca nel settore della logica-elettronica, quella che ha condotto alla realizzazione di un nuovo sistema di controllo ad alta velocita' per grandi calcolatori a microprogramma, che ha caratteristiche particolarmente avanzate ed e' suscettibile di ulteriori applicazioni.

Non una parola di piu' per descrivere una soluzione tecnica che sara' adottata prima dell' IBM e poi da altri costruttori, e che caratterizzera' intere famiglie di calcolatori, sino al recentissimo Micro Vax.

Cosi' la CEP fu riconosciuta da alcuni autori come "the most advanced and most powerful university-made computer of the West-European Continent", ma non ebbe la notorieta' internazionale che le invenzioni in essa incorporate meritavano.

La stessa microprogrammazione e' generalmente attribuita a Wilkes, che sull' argomento sveva scritto un articolo nel '58, quando l' unita' di controllo a microprogrammazione della CEP era gia' stata progettata, e che in quell' articolo aveva proposto uno schema di principio molto diverso dell' attuazione reale della CEP e degli altri calcolatori microprogrammati.

La teoria delle reti logiche

Gerace era fondamentalmente un realizzatore, un ingegnere molto attento ai bisogni dell' utente, disposto a dedicare sei mesi per collegare alla CEP un' unita' a nastri magnetici che facilitasse il lavoro sulla macchina.

In virtu' di queste sue qualita', la CEP non fu soltanto un' affascinante avventura scientifica ed organizzativa, ma anche una realizzazione concreta, un vero e proprio calcolatore, un vero e proprio calcolatore, dotato di elevate prestazioni e notevole affidabilita', che lavoro' per oltre otto anni e rese possibile molto lavoro scientifico.

Nonostante questa spiccata vocazione per l 'ingegneria, Gerace domostro' la sua attitudine all 'indagine teorica pubblicando, dopo la conclusione del lavoro realizzativo, una serie di articoli importanti in cui diede spessore scientifico alle idee e intuizioni degli anni della CEP.

Era il periodo in cui la informatica usciva dalla fase pionieristica, per diventare una disciplina scientifica, con un proprio linguaggio, e propri metodi di indagine, strumenti di ricerca, problemi teorici ed applicativi.

I contributi teorici di Gerace riguardano le reti logiche, ossia i circuiti fondamentali del calcolatore, la microprogrammazione vista attraverso modelli formali, le reti sequenziali autoconcorrenti, ossia le unita' di elaborazione con memoria delle quali presento' una teoria generale.

Rimeditato a distanza di alcuni anni, il suo lavoro scientifico si distingue da quello della grande maggioranza dei ricercatori di quel settore per la concretezza e l' aderenza al problema reale del calcolatore.

Mentre la maggior parte degli autori parte da un modello astratto per dedurne proprieta' spesso solo formali, Gerace usa il modello matematico per determinare una tecnica efficace per l' analisi o il progetto di un circuito reale.

La ricerca socio-economica

Gerace e' tra i primi, forse per la lunga milizia in un partito e la cultura economica acquisita nel dibattito socio-politico, a percepire in Italia l' enorme importanza dell' informatica come fattore di sviluppo industriale ed economico.

E' anche fra i primi a comprendere il pericolo della disoccupazione tecnologica e le ragioni per le quali molto spesso i fattori di sviluppo, come le tecnologie dell' informazione, divengono generatori di squilibri e tensioni.

La sua ricerca sull' influenza dell' innovazione tecnologica, e dell' informatica in particolare, sullo sviluppo economico e sull' organizzazione del lavoro e' sviluppata con rigore scientifico, senza dogmatismi e condizionamenti ideologici.

Dichiara apertamente che il neoluddismo gli pare un pericolo piu' grave della disoccupazione tecnologica, e si schiera apertamente contro una politica autarchica dell' informatica e contro provvedimenti protezionistici a favore dell' industria nazionale.

Anzi, alla fine, il suo inguaribile ottimismo - tipico di ogni idealista - finsce col prevalere sul realismo dell' uomo di scienza, e con l' esaltare il ruolo del calcolatore come strumento per il miglioramento dei servizi e l' ampliamento della partecipazione democratica.

La sua visione socio-economica del ruolo dell' informatica spiega anche la sua intensa partecipazione al Progetto Finalizzato Informatica del CNR. Secondo il professor Capriz, che aveva presieduto la Commissione per lo Studio di Fattibilita', il contributo piu' importante all' impostazione di quel progetto fu portato proprio da Gerace.

Al progetto furono assegnati tre obiettivi fondamentali:

  • la promozione dell' industria nazionale del settore informatico,
  • l' informatizzazione della pubblica amministrazione periferica,
  • l' introduzione delle tecnologie informatiche nella progettazione e nell' automazione industriale.

Sul piano scientifico-tecnico l' enfasi fu posta sulla microinformatica, ossia sull' informatica dei piccoli calcolatori, nella convinzione che i grossi calcolatori sarebbero stati per qualche tempo ancora fuori della capacita' produttiva delle nostre aziende.

Inoltre, la microinformatica sviluppata dal primo sottoprogetto doveva essere utilizzata nella pubblica amministrazione e nelle imprese di produzione, con molti benefici per il sistema socio-economico nazionale:

  • l' apertura di spazi di mercato per la piccola industria informatica italiana,
  • la riduzione del disavanzo della bilancia commerciale nel settore,
  • la razionalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione, l' incremento della produttivita' nelle aziende manifatturiere,
  • l' adozione della microinformatica e dell' informatica distribuita come opportunita' ai fini della valorizzazione delle autonomie locali in contrapposizione alle operazioni di centralizzazione effettuate dalle grosse amministrazioni con l' imposizione di grossi calcolatori.

A distanza di dieci anni, le indicazioni di quello studio, conservano intatta la loro validita', e sembrano ancora indicare una linea di sviluppo valida non solo per la definizione di obbiettivi scientifici, ma anche, in termini piu' ampi, per la programmazione del progresso industriale del nostro paese in un settore che ci vede in posizioni di estrema debolezza.

Benche' il compito principale di questo articolo fosse la presentazione del lavoro scientifico svolto da Gerace, ritengo doveroso ricordare brevemente alcune sue eccezionali qualita' umane. Gerace era una persona di grande onesta' e rigore morale.

Non inttendo la qualita' gia' rara delle persone oneste ma un' attitudine istintiva, spontanea, che permeava ogni atteggiamento e determinava ogni scelta, senza alcuna eccezione.

Ad esempio, considerava i soldi dello Stato piu' preziosi dei suoi, per cui spesso si dimenticava di incassare i rimborsi delle missioni, viaggiava sempre in seconda e alloggiava in alberghi molto economici.

Nei dibattiti si impegnava con calore, ma non prendeva mai posizione sulla base delle amicizie e delle simpatie, preferendo sempre la scelta che gli sembrava piu' utile per le istituzioni.

Era trasparente nelle sue decisioni, per cui, quando doveva osteggiare una posizione, lo faceva apertamente, nella sala del Comitato o del gruppo di lavoro, senza intrallazzare nei corridoi e senza neppure preparare il dibattito prima della riunione, organizzando gli interventi con gli amici.

Per la stessa onesta', nonostante i molti impegni ed il progressivo peggioramento delle condizioni di salute, non trascuro' mai la propria attivita' di docente, che e non aveva mai subordinato ne' al lavoro scientifico ne' all' impegno politico.

Fu anzi un docente appassionato, dotato di grande fascino personale, sempre disponibile al chiarimento e al confronto con gli allievi. Gerace era anche una persona di grande volonta' e impegno. Non intendo la rara volonta' delle persone veramente volonterose, ne' il raro impegno di chi ha forti convinzioni e la forza di seguire la propria vocazione anche quando questa risulti molto onerosa. Intendo volonta' e impegno sino all' eroismo, come testimoniato da molti episodi dell' ultimo periodo della sua vita, quando, molto sofferente, continuava a viaggiare e partecipava a molte riunioni, spesso poco importanti, soltanto per essere presente, per senso del dovere.

A questa ferrea volonta', ai molti viaggi in treno, al panino al posto del pranzo, alle moltissime ore di lavoro spese di laboratorio, di giorno, e nelle famose sale di partito, di notte, doveva tutte le sue qualita', ad eccezione del fascino personale: la cultura scientifica e quella economico-politica, i successi nella ricerca, la capacita' organizzativa,l' oratoria convincente e riflessiva basata sul linguaggio semplice e concreto.

Infine, Gerace era persona di grande umanita' e generosita', e possedeva al massimo livello la modestia che discende dall' umanita' e dalla generosita'.

Aveva piu' volte rinunciato, ad esempio, a un collegio senatoriale sicuro, perche' l' oscuro lavoro di professore lo interessava di piu'.

Era sempre innamorato delle qualita' positive degli altri, che vedeva ingigantite oltre la realta'.

Nei dibattiti parlava poco, ascoltava molto, e non si spazientiva mai.

Non faceva pesare a nessuno la sua cultura superiore, non imponeva le sue scelte ed esaminava con attenzione le opinioni di tutti, anche le piu' balzane.

E quando, nel 1961, il Presidente della Repubblica venne a Pisa per inaugurare la CEP lui, che aveva dato piu' di ogni altro contributi di idee e lavoro, si nascose dietro le spalle dei collaboratori, sicche', dopo la sua morte, i colleghi riuscirono a fatica a trovare una fotografia di quella giornata che mostrasse intero il suo volto.

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