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Redazionale.
E' qui riportata
una mail di Joy Marino al Forum di Isoc Italia.
Invece di estrarne
le parti di merito, si e' preferito replicarla nella sua integrale freschezza,
compresi i riferimenti agli altri interlocutori del tema.
Chi volesse avere
piena intelligenza di tutto il dibattito puo' andare alla pagina
Indice del Forum , selezionare il mese-anno [Novembre 2011] e il
tema in discussione :
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Infrastructure Commons
the future of connectivity
Joy
Marino
28 Novembre
2011
- Intanto complimenti
a Dino (per aver lanciato il sasso) ed ha tutti quelli che hanno risposto:
era da tempo che non leggevo una discussione così costruttiva e
proficua nel ns Forum.
- Consentitemi
di buttare nel cesto i miei 2 cents, visto che di dritto e di rovescio
sono stato chiamato in causa (e per favore non fatemi sentire un pezzo
da museo... ;-)).
- Intanto la
citazione corretta (che per me fa parte della "common knowledge"
del mondo del ICT da tempo immemorabile, non sono riuscito a risalire a
dove posso averla sentita per la prima volta) è la seguente:
- "You
cannot measure demand for a bridge by counting the number of people currently
swimming across the river."
- L'ho citata
un paio di settimane fa, alla Conferenza AIIP, perché mi era saltata
la mosca al naso nel sentir ripetere, per l'ennesima volta, ad un Commissario
AGCOM "a che servono 100 Mb? Solo per fare il P2P?".
- Vi autorizzo
ad utilizzarla come slogan ogni volta che uno fa discorsi del genere.
- Vorrei contestare
alcuni dei punti sollevati da Paolino.
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1. Domanda/offerta.
- Posso fare citazioni
diverse dallo scatologico "Mangiate merda, miliardi di mosche
non possono sbagliare!" a Steve Jobs buonanima per dire che
la domanda segue l'offerta, almeno tutte le volte che si entra in mercati
nuovi.
- E mi sembra
indubbio che i mercati che 'Internet' (qualunque cosa sia) ha creato attraverso
generazioni successive di velocità&tecnologie di accesso siano
ogni volta nuovi.
2. Fibra
ottica vs altre tecnologie.
- Su questo ho
discusso con Paolino alcuni secoli fa, e vedo che qui è decisamente
in minoranza (forse in Italia l'unico che pensa[va] di risolvere i problemi
della banda larga con il wireless è[era] Romani, ed ho qualche sospetto
che non fosse in buona fede ;-)).
- [nanobignami
per i non tecnologi...] Il wireless soffre di un mare di problemi che
l'ottico non ha; per banalizzarne due: a) le frequenze a cui trasmette
l'ottico sono quelle della luce, misurate in "nanometri', quelle radio,
quando va bene, in "centimetri" o "millimetri", quindi
la quantità di dati che possono viaggiare su una portante sarà
anche 1'000'000 di più; b) l'ottico viaggia confinato e fa comunicazioni
punto-a-punto, non ci sono problemi ad utilizzare le stesse frequenze di
trasmissione per comunicazioni diverse; ogni singola fibra può contenere
ben di più di tutto lo spettro che viene assegnato nel mondo per
il wireless.
3. L'evoluzione
tecnologica.
- In parte sono
d'accordo con Dino: la maggior parte dell'evoluzione la vediamo agli estremi.
- Perché
sia successo e continui ad avvenire dipende da fattori diversi, per me
è ancora il paradigma della "rete stupida" uno dei capisaldi
che ha indotto a concentrare l'intelligenza agli estremi.
- La "legge"
di Moore da un lato e la strana storia delle tecnologie ottiche dall'altro
rappresentato i driver entro cui si muove il nostro mondo.
- Tutto ciò
che è legato all'elettronica evolve secondo la metrica della legge
di Moore (che NON è una legge, è solo una congettura così
lungimirante che dopo 40 anni è ancora approssimativamente valida),
quindi con progressione quadratica.
- Quello che è
avvenuto nel mondo dell'ottico è meno conosciuto, ma lo esemplificherei
con la storia dei cavi oceanici: il modello di business che stava alla
base dei consorzi che stesero cavi in fibra attraverso tutti i mari negli
utlimi 30-40 anni si basava su un consumo di banda modesto ("pre Internet")
e sulla saturazione delle fibre al crescere lineare del traffico trasportato.
- È successo
invece che, Moore docet, sulle stesse fibre sono stati veicolati volumi
di traffico di svariati ordini di grandezza in più del previsto,
mandando in fallimento i consorzi, e portando i prezzi del trasporto dati
a livelli ridicoli (nonostante la crescita della domanda dovuta ad Internet).
- La fibra, quindi,
ha una vita lunghissima, grazie all'evoluzione tecnologica degli apparati
elettronici (attivi) che stanno fuori del terreno (o degli oceani).
- Possiamo tranquillamente
investire a buttare fibra sottoterra pensando che sarà ancora tecnologicamente
competitiva tra 50 anni. In un mondo ICT dove l'obsolescenza si misura
in mesi, mi sembra un caposaldo straordinario.
4. I
modelli di business per le infrastrutture.
- Innanzi tutto,
possiamo dare per assodato che una rete in fibra per un condominio, una
città, una regione, una nazione, è in condizioni di "monopolio
naturale"?
- Non si riesce
a costruirne due e, soprattutto, a casa mia non ci sarà bisogno
di due fibre ottiche distinte almeno per i prossimi 50 anni (per le aziende
è diverso, ma anche qui con DUE fibre, a condizione che seguano
cammini indipendenti basta e avanza!).
- "Monopolio
naturale" non è una parolaccia, e non significa che dietro
debba esserci per forza un ricco capitalsta che lucra.
- È solo
una condizione da riconoscere e da gestire con N strumenti previsti dalle
teorie economiche. Tra cui anche quello della "cooperativa di condominio".
- Non so se c'è
un sistema migliore dell'altro, vedo pro e contro in tutti, così
come non c'è un sistema elettorale ideale.
- Se potessimo
concordare su un insieme di principi "basic" condivisi da tutti,
potremmo restringere la discussione ad un confronto tra quali sistemi di
governance della fibra funzionano meglio, mettendo nel conto:
- 1) i sistemi
di finanziamento dell'infrastruttura;
- 2) la capacità
di essere egemone e pilotare lo switch-off della tecnologia precedente
("rame");
- 3) l'equità
dei costi tra zone densamente popolate e non, tra zone a fallimento di
mercato e non, etc.
- 4) il posizionamento
del "punto di demarcazione" tra infrastruttura "commons"
e servizi "di mercato" e la scelta delle tecnologie che permettano
un più ampio mercato dei servizi che viaggiano sulle infrastrutture.
- Solo una osservazione
al volo su 1): la linea di demarcazione è quella dei 50 (ma anche
25 o 12) anni che indicavo prima.
- Si tratta di
opere che si finanziano con gli stessi meccanismi del mondo immobiliare.
- Nessun operatore
del mondo ICT può ottenere soldi in prestito su un piano che non
abbia un ritorno a 3 anni o meno, quindi nessun operatore potrà
mai realizzare l'infrastruttura che serve.
- Che debba farla
l'IRI (di pessima memoria), la Cassa Deposito e Prestiti (come investimento
a lungo termine dei fondi pensione) o il singolo condominio (per valorizzare
l'asset immobiliare), sempre di mutui a lungo termine si tratta.
- A parte i chiari
di luna attuali, per finanziare investimenti di questo tipo il requisito
più desiderato è la mancanza di rischio.
- Sulla mancanza
di rischio tecnologico possiamo giocarci la nostra faccia (io ce la metterei),
per sterilizzare il rischio d'impresa ci sono un po' di azioni da fare,
magari diverse a seconda che il soggetto infrastrutturale si chiami condominio
o rete broadband nazionale, ma in ogni caso si tratta di azioni di governance,
proprio di quelle che un governo illuminato potrebbe fare, senza dover
cacciar tanti quattrini, ma anche, aspicabilmente, senza precludere la
coesistenza di modelli di proprietà dell'infrastruttura diversi.
5. La ridondanza
- Mi scuso per
essere stato prolisso, ma non posso non chiudere con un'osservazione sul
problema della 'sicurezza' (nel senso di affidabilità tecnologica)
sollevato da Paolino.
- La possibilità
di cammini alternativi (per i packets), di fornitori alternativi (per i
clienti) e di tecnologie alternative (per gli operatori) rientra nella
logica di Internet, nel suo essere ecosistema. Il fatto che ci sia un'unica
rete in fibra (nel senso che da casa mia parte un'unico doppino in fibra)
non implica che ci sia il "fornitore unico di servizi Internet".
- Al di sopra
del livello dell'infrastruttura passiva già oggi convivono e competono
tanti fornitori di servizi, che siano gli operatori TLC che accendono la
fibra con le loro trasmissioni dati, o gli operatori ISP che affittano
banda trasmissiva di trasposto (per non parlare delle Google, Apple, Skype
di questo mondo, che sempre servizi vendono).
- Con molto manicheismo,
vedo il mondo diviso in due: di qua tutto quello che si basa su IP, soggetto
alle leggi della libera concorrenza tra servizi, di là il mondo
delle infrastrutture sottostanti, poco variabili, poco remunerative nel
breve, ma sicure nel lungo periodo.
- Il problema,
piuttosto, è per una Telecom Italia: da che parte vuole stare, dato
per assunto che non si può stare contemporaneamente di qua e di
là? (*)
- Se deve esserci
ridondanza sul cliente finale (non posso non pensare a situazioni d'emergenza
come quelle di Genova di inizio mese), questa può solo essere ottenuta
attraverso tecnologie diverse, ed allora il wireless può essere
la vera alternativa, buona per le situazioni particolari, ma non per l'uso
massiccio di tutti i giorni.
Joy
(*) Ah,
Rovati, perché ci hai lasciato! Oppure, se preferite: ah, Tronchetti,
perché devi sempre pensare al tuo portafogli? |
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