"Una Costituzione per Internet"

Intervista di Giovanni Valentini al Garante italiano sulla privacy Stefano Rodotà

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"Una Costituzione per Internet"


La proposta di Stefano Rodotà, Garante italiano sulla privacy, docente di Diritto, giurista e autore di numerose pubblicazioni tradotte in diverse lingue, mette all'ordine del giorno il problema del rapporto tra etica e Web a livello internazionale. Ma la necessità di una regolamentazione che scavalchi i confini territoriali e le legislazioni dei singoli Paesi deve superare una serie di ostacoli politici, tecnici e giuridici.

Professor Rodotà, da che cosa nasce la sua proposta e quali obiettivi si pone?
"Internet, meglio d'ogni altro strumento o attività, incarna oggi la globalizzazione. Non conosce confini, consente ad ogni suo utente una navigazione planetaria, mette il mondo in rete. Questo universo in continua espansione può rimanere senza alcuna regola, affidato soltanto alla spontanea correttezza dei suoi utilizzatori, ad una incerta netiquette? Un numero crescente di utenti lamenta violazioni della privacy, furti "d'identità", discriminazioni. America on Line cancella ogni giorno 748 milioni di "messaggi spazzatura" e, insieme a Microsoft, giunge fino ad invocare il carcere contro i responsabili dello spamming selvaggio. Ma le regole nazionali possono essere facilmente aggirate collocando un server in un paese compiacente. Solo regole comuni ai diversi Stati possono garantire a tutti l'uso libero di Internet".

Ma non s'è sempre detto che la Rete, per sua natura, è refrattaria alle regole, non tollera vincoli e limiti?
"Si confrontano due tesi estreme: Internet non tollera regole; bastano già le regole esistenti (perché quel che è illegale off line lo è anche on line). Entrambe non reggono alla prova dei fatti. Le regole riguardanti Internet si moltiplicano, spesso introducendo controlli autoritari, come quelli riguardanti l'obbligo di conservare per un certo tempo le e-mail, mettendole a disposizione della polizia. Le regole esistenti non danno risposta ad interessi nuovi, come il diritto all'anonimato. Proprio per mantenere ad Internet la sua natura di spazio libero, è indispensabile fissare alcuni principi "costituzionali" che, ad esempio, impediscano di considerare Internet come una gigantesca miniera a cielo aperto, dalla quale estrarre dati personali utilizzati anche contro l'interesse delle persone alle quali si riferiscono".

Quali sono, a suo parere, le maggiori difficoltà da superare?
"Le vere difficoltà sono politiche. Resistono le logiche, miopi, di una sovranità nazionale continuamente mortificata dal flusso transnazionale dei dati. Gli Stati autoritari ostacolano ogni iniziativa che possa portare a regole capaci di garantire a tutti i netizens, ai cittadini in rete, libertà di espressione, garanzie contro i controlli, difese contro l'invasione continua della sfera privata. Troppe imprese vogliono mantenere mano libera nell'attingere ovunque informazioni sulle persone. La coalizione di questi interessi renderà indubbiamente difficile la via verso regole e garanzie comuni. Ma molti Stati cominciano ad accorgersi che le sole regole nazionali sono impotenti per contrastare comportamenti illegali che nascono fuori dei loro confini. E molte imprese si accorgono che la tutela globale della privacy è una risorsa necessaria per creare fiducia e, quindi, consentire l'espansione del commercio elettronico".

In concreto, come si può procedere per dar vita a questa Convenzione internazionale?
"Nella Conferenza mondiale sulla privacy, tenuta a Venezia nel settembre del 2000, il Garante italiano ha lanciato il progetto di una Convenzione internazionale. Arrivare a questo tipo di documento richiede certamente le tradizionali negoziazioni tra governi. Ma esige intanto che tutti i soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nella gestione di Internet (cittadini, providers, produttori, imprese, autorità garanti) comincino a sperimentare codici di autoregolamentazione, verifichino quali problemi possano essere risolti, ad esempio attraverso le privacy enhancing technologies, definendo così con precisione il campo della futura Convenzione. Se non si arriverà a questa "Costituzione di Internet", le regole saranno dettate soltanto dai "codici" tecnologici e dalle logiche (e dalle censure) di mercato".

Che cosa può fare in particolare l'Unione europea per contribuire a una soluzione del problema?
"L'Unione europea è oggi la regione del mondo che garantisce la più elevata protezione dei dati personali, riconosciuta come autonomo diritto fondamentale della persona dall'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza nel 2000 e che sarà parte integrante della futura Costituzione europea. A questo modello di garanzia di un diritto che, ormai, è parte integrante delle nuove libertà e della nascente "cittadinanza elettronica", guardano paesi che adottano legislazioni analoghe, dal Canada all'Argentina, da Hong Kong all'Ungheria. L'Unione europea, allora, è il soggetto che meglio potrebbe lanciare l'idea della Convenzione e l'Italia, durante il suo prossimo semestre di presidenza, potrebbe essere motore di questa iniziativa, sottolineando che il diritto comune di Internet non è un vincolo alla libertà in rete, ma la condizione per la sua espansione".

Giovanni Valentini

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